Quest’ anno per oltre quattrocentomila studenti italiani con maturità alle spalle, si sono svolti i test d’accesso alle facoltà a numero chiuso sparse per l’Italia.Tra delusioni e sogni che si avverano, tra dibattiti sul numero chiuso e ricorsi per errori burocratici, a pagare sono state le famiglie italiane, che oltre a sborsare euro per la preparazione ai test dei loro figli, hanno anche versato contributi d’iscrizione, che nelle migliori ipotesi non sono mai rimborsabili.
Una tra le maggiori associazioni dei consumatori come l’Adiconsum denuncia che le facoltà universitarie con un “test di sbarramento” sono in aumento, oltre alle note facoltà a numero chiuso come Medicina, Architettura, Veterinaria, anche altre facoltà stanno riducendo il numero di posti per gli studenti. L’associazione consumatori stima che «circa il 27% sono a programmazione nazionale […] si registra che al nord i corsi universitari a numero chiuso sono il 27%, al centro il 16,9% e al sud il 35,5%».
Ogni anno inoltre, si affiancano ai test a numero chiuso, i test valutativi, che spesso sono considerati degli espedienti per fare cassa, in quanto il superamento o meno delle prove non preclude l’iscrizione al corso di laurea, ma solo un debito formativo.
Ad alimentare la discussione sul numero chiuso, i diversi episodi di speculazione che si verificano attorno ai test d’accesso, come quello denunciata dall’UDU (unione degli studenti), di società private di tutoraggio che suggerivano di aggirare i test con l’iscrizione per il primo anno ad università fuori dall’Italia, per poi rientrarvi l’anno dopo con un semplice passaggio della sede di studio.
I test di accesso sono istituiti e sanciti dalla legge 264/99, la quale prevede un numero di posti programmati per determinati corsi di studio, per gestire il numero di iscritti, per il migliore utilizzo di spazi e laboratori, favorire e snellire l’accesso a tirocini professionalizzanti-, verrebbe dunque da pensare ad un sistema tale da favorire la logistica e l’apprendimento dello studio; tuttavia le stesse ragioni valgono anche per altri settori di studio?
I test d’accesso sono solitamente strutturati in domande di logica, comprensione verbale, cultura generale e in domande settoriali riguardo alcuni campi di studio. Spesso gli studenti lamentano l’incongruenza nei test d’accesso tra le domande poste con la materia che dovranno studiare; al punto di rendere le prove di accesso motivo di discussione e motivo di dibattito ogni anno. Da non dimenticare che ogni anno si susseguono i ricorsi per domande errate, errori burocratici o brogli nei test.
Facendo una rapida rassegna dei costi, tra gli atenei statali più grandi, alla Sapienza di Roma il test di Economia è costato 35€, Medicina e Farmacia 35€, Psicologia e salute 35€. Alla Federico II di Napoli il contributo per il test di Medicina e Chirurgia è stato di 100€, sempre nello stesso ateneo per Scienze e tecniche psicologiche 50€ di contributo non rimborsabile, anche per Economia un contributo di 50€. All’università degli studi di Milano il test per le professioni sanitarie costa 50€, Medicina e Chirurgia anche 50€, mentre Chimica 50€. A Bologna il corso magistrale a ciclo unico di Architettura costa 60€, Economia altri 60€.
Ai costi per la solo iscrizione, si devono sommare le spese per la preparazione, sempre più spesso infatti, lo studio nelle scuole superiori non basta a superare le prove; tra le maggiori case editrici la nota e famosa Alpha test, distribuisce da anni materiali propedeutici in tutte le forme e tutte le salse, con prezzi che oscillano dal singolo testo o al blocco confezionato di testi, che garantiscono la preparazione ma non assicurano l’esito positivo; il “Kit di preparazione” per l’area medica costa 115,28€, il Kit di Architettura 81,20€, occorrono 28,71€ per un manuale di preparazione alla prova di Psicologia, o per testo di preparazione ai test della Bocconi.
Tutti costi che tendono a lievitare se si pensa che molti dei futuri universitari prova almeno due test nei vari atenei.
La questione resta spinosa tra il Ministero dell’Istruzione, che considera il sistema utile a migliorare la qualità dello studio e le associazioni che difendono e tutelano i diritti degli studenti, come l’UDU che si è mobilitata a Roma già con diverse manifestazione contro il numero chiuso nelle università dichiarando: «le persone sono stufe di una conoscenza sotto chiave, di test assurdi e pieni di errori per accedere all’università, -chiamando a raccolta- tutti gli studenti che non vogliono il loro futuro deciso da una crocetta o compromesso da una raccomandazione»