Non ce l’ha fatta, Tonino il meccanico. E’ vivo, grazie a Dio, ma quell’avviso di accertamento non è stato annullato. Ha provato a spiegare, insieme al su consulente, che per due anni la sua officina ha subito sequestri e angherie, non ha potuto lavorare. Come avrebbe potuto essere “congruo e coerente”? Per continuare con i tecnicismi, si tratta di “mancata adesione” alla proposta. Il fisco gli ha detto: ti riduco le imposte del 45 per cento rispetto alla richiesta iniziale, in fondo hai un “costo del venduto” non giustificabile. E lì è iniziato il dialogo con i sordi. “Avete capito che non potevo lavorare all’interno dell’officina, che c’era il sequestro?
“Sì, ma quei pezzi di ricambio acquistati e non rivenduti”?
“Ma io per 25 mesi non ho capito niente, per non perdere clientela ho provato ad andare in giro effettuando riparazioni “a domicilio”, anche rimettendoci….altro che contabilità”.
“E i dipendenti”?
“Ho contratto un finanziamento per non mandarli in mezzo a una strada… tutto documentato, sto ancora pagando le rate”.
“Sbagliato. Lei avrebbe dovuto licenziarli, metterli in cassa integrazione”.
“Se è per questo non avrei dovuto compilare nemmeno gli studi di settore, sbagliò il commercialista dell’epoca”.
“Purtroppo al di sotto di questa soglia, del 45 per cento, non possiamo andare”.
“Proporrò ricorso”.
“In bocca al lupo”.
Riepilogo: l’officina e i ponti sequestrati per oltre due anni non sono motivo sufficiente per annullare quell’accertamento. Il meccanico, che non poteva lavorare in officina, avrebbe dovuto dichiarare di più. E avrebbe dovuto licenziare i suoi due operai. Non lo ha fatto, oggi si stabilisce che non è “congruo” e deve pagare una differenza di imposte. Quando i giudici decideranno, vi informerò. Tra circa un anno e mezzo.
24 Novembre 2012