PalomarL’Italia delle imprese e lo spread interno

La crisi sta agendo come un setaccio e via via che passa il tempo (siamo entrati ormai nel quinto anno) la sua trama diventa sempre più fine. E come ogni setaccio, provoca distinzione: è la selezio...

La crisi sta agendo come un setaccio e via via che passa il tempo (siamo entrati ormai nel quinto anno) la sua trama diventa sempre più fine. E come ogni setaccio, provoca distinzione: è la selezione del sistema produttivo. A questo si aggiunge un aspetto ulteriormente problematico: tale vaglio avviene con un clima sociale decisamente non positivo. Prevale un diffuso disincanto, per non dire di sfiducia, nei confronti delle istituzioni e dei sistemi di rappresentanza come mai nell’ultimo decennio si era avvertito. A maggior ragione dopo le dimissioni del Governo Monti e l’apertura di una campagna elettorale “retrospettiva”, che si palesa fin d’ora incandescente e sotto l’attento sguardo dei mercati internazionali. L’incertezza in cui le imprese (ma non solo) si muovono rende tutto molto complicato, privo di una direzione precisa. Una parte dell’Italia delle imprese nel 2012 (www.fondazionenordest.net) si trova così preda di un progressivo ripiegamento, in difficoltà nel trovare un percorso di uscita, incapace di realizzare quelle strategie utili a muoversi per recuperare competitività. Un’altra parte, invece, mostra capacità di reazione, di investimento nel futuro alimentando processi di innovazione e di apertura verso nuovi mercati esteri. In questo senso, la crisi accelererà una divaricazione e una polarizzazione profonda fra imprese in grado di leggere e interpretare le trasformazioni e altre che non riescono a fare il salto di qualità oggi richiesto.
In una fase di così grande incertezza e trasformazione, è fondamentale guardare al futuro. Servirebbe un sistema-paese capace di una progettualità complessiva, composta anche di poche ma incisive iniziative, che aiutino il sistema produttivo a riconoscere un orizzonte di azione entro cui collocare le proprie strategie imprenditoriali. In grado di alimentare quella risorsa così immateriale – e oggi scarsa – ma altrettanto concreta per rimettere in moto l’economia: la fiducia nel futuro. La fiducia, però, non si costruisce per decreto, ma con azioni di responsabilità da parte delle istituzioni, dei partiti, dei futuri premier e di tutti gli attori sociali. Questo è lo spread interno al Paese che deve essere rapidamente colmato: la distanza fra la fiducia (nelle istituzioni e nella politica) e la loro capacità di azioni (responsabili). Ne va del futuro nostro e delle giovani generazioni.

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