A metà tra la terra e il cieloSpiegami, la vita che senso ha?

Mi confidi: “Per la prima volta mi sono reso conto che dal male, quando non è provocato da altri ma accade e basta, nasce sempre del bene. E devo trovare un senso a questo dolore che mi è capitato ...

Mi confidi: “Per la prima volta mi sono reso conto che dal male, quando non è provocato da altri ma accade e basta, nasce sempre del bene. E devo trovare un senso a questo dolore che mi è capitato altrimenti non ce ne vado più fuori”. Intanto la pioggia continua a cadere alle nostre spalle, silenziosamente.

Ci vuole coraggio a dire ad alta voce parole come queste. Ci vuole un cuore grande, che ha pianto tanto e ha riso tanto. Non è facile avere vent’anni e un dolore cucito addosso, senza nessuna spiegazione, senza che nessuno ti chiedesse se eri pronto. Ma l’hai accettato, con tante domande e poche certezze.

Io però non l’ho ancora capita, la vita. Neppure la morte. E’ come se d’improvviso ignorassi chi sono, che cosa voglio, in che cosa consiste il mio esserci. Perché, se ci pensi, che senso ha? Muori, e non esisti più. La vita continua con o senza di te.

E allora perché questo affanno, questa corsa, questa ruota che gira? L’università, il lavoro, il matrimonio, la pensione. Ma è questo, la vita? Mi piace rispondere con le parole di una grande firma del giornalismo italiano, Oriana Fallaci: “questo era un caos distruttivo illogico, privo di senso! Possibile che la Vita fosse strumento della Morte, cibo della Morte? Doveva essere il contrario!”.

Ci vorrebbe una formula, la formula della Vita. Ci vorrebbe l’Angelo nascosto in ciascuno di noi, protagonista di Insciallah – bellissimo romanzo della Fallaci – che “prima di Beirut accettava l’esistenza senza discuterla, con la disinvoltura di un animale che mangia e beve e dorme e amoreggia a suo piacimento. Si godeva la sua gioventù. Non si poneva troppe domande. Ora, invece, non si godeva nulla. Aveva sempre i nervi a fior di pelle, sprofondava sempre di più nelle foschie d’una rivolta priva di bersagli precisi, nelle nebbie d’una metafisica angoscia, e non faceva che masturbarsi il cervello in sbigottiti perché. Ad esempio perché si trovasse qui, perché avesse scelto un mestiere che non si addiceva al suo carattere e alla sua struttura mentale cioè il mestiere di soldato, perché con quel mestiere avesse tradito la matematica”.

Non serve la guerra, per chiedersi la-vita-che-senso-ha. A volte basta una sveglia da zittire al mattino presto. O un dolore che ti investe d’improvviso. Oppure la noia, una terribile noia. E in un attimo si scavalca l’abitudine di andare a scuola, all’università, al lavoro. “Tutto è fatica senza scopo – diceva Don Giussani – Bisogna rileggere il vecchio Leopardi per imparare queste cose. Uno va a lavorare con una certa tranquillità solo perché non ci pensa, dominato, determinato dall’abitudine. Ultimamente dominato dal 27 del mese, giorno della paga, fino a quando non gli capita tra capo e collo un grosso malanno. Allora uno è costretto a rivedere tutto”. E a chiedersi, che senso ha la vita?

Non dirmi che la vita è bella: perché invece è piena di preoccupazioni, di fastidi. Qualsiasi esperienza felice mi accada, porta con sé nuovi ostacoli e difficoltà.

Non dirmi che basta una passione, per dare senso alla vita. Prima o poi stanca anche quella, per quanto mi piaccia, per quanto la ami.

Non dirmi che la chiave è nella persona a cui dirò il sì del per sempre. E se non la incontrerò, o se semplicemente il mio destino è un altro? E se anche la incontrassi, basterà una persona per dare un senso vero e pieno?

Ci vuole qualcosa di eterno, di invalicabile, di infinito. Qualcosa che duri per sempre. Se mi dici che “dal male, quando non è provocato da altri ma accade e basta, nasce sempre del bene”, se me lo dici tu che hai un dolore grande cucito addosso, allora sì, deve esistere, deve esserci la formula della Vita per dimostrare che la Morte è lo strumento della Vita, il cibo della Vita. E nulla è perduto.

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