Sono belli i libri che aprono squarci minimi nelle vite d’altri. Se poi gli altri sono persone che hanno fatto la storia del cinema, registi, attori, sceneggiatori, maghi degli effetti speciali o anche operatori, la lettura di quei libri diventa godimento per chi ama abbandonarsi alla magia che emana dal grande schermo.
24 Fotogrammi – Storia aneddotica del cinema è un libro così. Scritto da un ragazzo di 29 anni, Francesco Clerici, cinefilo puro che si è laureato con una tesi su Buster Keaton e l’arte contemporanea, è composto da 24 capitoli, come i 24 fotogrammi che scorrono in un secondo di proiezione cinematografica, che sono brevi incursioni nell’esistenza di personaggi come, tra gli altri, Stan Laurel, Billy Wilder, Warner Herzog, Akira Kurosawa, Willis H. O’Brien (colui che, forse, inventò l’animazione in stop motion). Ma Clerici non sceglie di spiare momenti topici della vita di questi giganti: non racconta della consegna di un Oscar o del momento in cui si materializzò l’idea che li fece grandi. I 24 capitoli riportano aneddoti davvero marginali o almeno pochissimo noti di quelle esistenze. Racconta la nostalgia malinconica di uno Stan Laurel malato e ormai vecchio per il suo Babe (Oliver Hardy) e ci consegna un ritratto dolcissimo e acuto del comico americano che ci faceva ridere da bambini e che ci riesce anche adesso.
In poche pagine ci rivela l’ammirazione di Ingmar Bergman per un regista quanto mai lontano dalle sue corde come Woody Allen o l’attrazione strana che nacque tra Buster Keaton e Samuel Beckett o ancora il gusto per gli scherzi al limite del macabro di Alfred Hitchcock, innamorato davvero, anche nella vita, del brivido della suspense. Come fossimo moschine curiose, ci ritroviamo a spiare le ansie di chi realizzò il primo pupazzo di King Kong e quelle di Aki Kaurismaki all’incontro con Jean-Pierre Léaud.
È come una collana di piccole perle questo libro, piacevole da leggere, a volte sorprendente, a volte commovente, che indaga anche personaggi ormai dimenticati dalla maggioranza delle persone (me compresa) o di cui nemmeno si era a conoscenza, ma ai quali dobbiamo ancora moltissimo.
Peccato solo per il meccanismo di lettura che, tra le note a piè di pagina e i ritratti più rigorosamente antologici sul fondo, rischia di interrompere il flusso del racconto e il piacere puro che nasce dal conoscere queste piccole storie preziose.
27 Dicembre 2012