Alle ore 11:20 di mercoledì 7 novembre circa 200 tra ministri, diplomatici, alti ufficiali, rappresentanti delle banche coinvolte ed imprenditori si sono ritrovati nello sperduto luogo vicino al confine thailandese in cui sorgerà la controversa diga di Xayaburi sul corso principale del Mekong, la “Madre di tutte le acque”. Dopo gli usuali riti propiziatori, al conto alla rovescia degli altoparlanti Somsavat Lengsavad – il Vice Primo Ministro laotiano nonché ex Ministro degli Esteri tra 1993 e 2006 – ha tagliato il nastro dorato sancendo il futuro della diga di Xayaburi, progetto da 3,7 miliardi di dollari e da 1285 megawatt che negli ultimi anni ha suscitato numerose polemiche, sia da parte degli stati a valle che dai movimenti ambientalisti. Stando alle dichiarazioni di Somsavat Lengsavad l’evento ha avuto luogo solo il 7 novembre perché pochi giorni prima Laos, Cambogia e Vietnam hanno raggiunto un accordo. I termini di tali accordo restano però sconosciuti.
Al centro in azzurro Somsavat Lengsavad ed alle sue spalle in abito scuro Soulivong Daravong, Ministro dell’Energia e delle Miniere.
La Repubblica Popolare Democratica del Laos è economicamente lo stato più piccolo del Sudest asiatico, demograficamente tra i meno popolosi con circa 6,5 milioni di abitanti e fino a pochi anni fa per ragioni geografiche – mancanza di sbocco al mare – economiche e storiche è rimasta isolata. Tuttavia l’economia laotiana sta crescendo più velocemente rispetto agli altri stati della regione (nell’ultimo decennio ha fatto registrare tassi costanti tra il 6% e l’8,5%) e il paese sta vivendo una fase di intense trasformazioni che è sfociata in tre eventi di portata storica concentrati in 13 giorni. Prima il si del WTO dopo 15 anni di attesa il 26 ottobre, poi il 5 ed il 6 novembre l’organizzazione del più grande evento della storia laotiana, il nono appuntamento dell’Asia-Europe Meeting ed infine il giorno seguente la cerimonia inaugurale della prima diga sul corso principale del basso Mekong. Il Laos sembra dunque pronto a raggiungere un obiettivo pluridecennale: sfruttare le proprie risorse naturali per diventare la “batteria del Sudest asiatico” assetato di energia e dopo la guerra e gli sconvolgimenti protrattisi nella regione fino agli anni ’90 il momento appare propizio.
Durante i due giorni dell’ASEM 9 a Vientiane nessuno sgarra: il traffico scorre ordinato, ad ogni incrocio tre o quattro militari, turisti che in bicicletta imboccano strade in contromano sono immediatamente richiamati, alle 22:30 nessuno ha il diritto di sostare per strada, nemmeno l’ombra di una prostituta. Per l’occasione è stata anche fatta una corsa contro il tempo al fine di dotare la capitale del primo hotel a 5 stelle: il Lao Plaza. E proprio durante il primo giorno del meeting è arrivata l’agenzia che due giorni dopo il governo avrebbe organizzato la cerimonia inaugurale della diga di Xayaburi.
I lavori sono iniziati nel 2007, anche se in modo più deciso solo nel 2010, ma il governo laotiano ha tentennato e gli ultimi mesi sono stati un mix di dichiarazioni: “i lavori sono fermi in attesa di maggiori verifiche”, “procederemo con la diga perché porterà benefici a noi e ad i nostri vicini”, “no comment” e così via. L’insicurezza è giunta fino all’ultimo minuto: ad una domanda sulla cerimonia inaugurale il 6 novembre, il Primo Ministro ha risposto che non poteva confermare l’evento. Nonostante le agenzie e la stampa, sia locale che internazionale, avessero già ampiamente riportato la notizia.
L’evento era di quelli che non si potevano perdere, ma le notizie disponibili non davano nessuna indicazione sull’orario dell’evento ed inoltre il sito dove verrà costruita la diga non è semplice da raggiungere essendo sperduto nella foresta laotiana. Martedì 6 novembre mi sono dunque ritrovato a chiedere informazioni all’ufficio del Vientiane Times, ma nessuno sembrava sapere alcunché. Dopo una decina di telefonate e quasi un’ora dedicatami ecco la soluzione: il Ministero dell’Energia e delle Miniere ha organizzato per la mattina seguente degli elicotteri per portare i giornalisti dalla capitale a Xayaburi, ma devo attendere un’altra ora per avere il consenso a partecipare da parte del Ministero. L’appuntamento è alle 6 del mattino presso l’Helicopter Airport.
Fortunatamente il tuk tuk prenotato il giorno prima si presenta puntualissimo alle 5:50 e poco dopo sono circondato da una decina di giornalisti del Vientiane Times e dell’agenzia stampa laotiana KPL. Nessun occidentale. Su una Toyota nuovissima e dai vetri scuri arriva un ufficiale del Ministero ad assicurarsi che tutto sia a posto: mi si presenta e si informa sulla mia provenienza in modo affabile. L’atmosfera è assolutamente rilassata e approfitto dell’attesa per fare alcune domande. “Non ci sarà nessuna manifestazione contro la diga perché siamo in territorio laotiano” mi spiega uno di loro “i movimenti anti dighe sono attivi al di fuori del paese e soprattutto in Thailandia”. Quando si riferisce al Laos lo chiama Laos PDR. “Lo sviluppo di impianti idroelettrici rappresentano una grossa potenzialità per il nostro paese, ma anche per i nostri vicini anche se qualcuno si oppone” interviene un altro giornalista. La linea è dunque la stessa del governo, ma anche della World Bank e dell’Asian Development Bank che ritengono che lo sviluppo di grandi dighe lungo il Mekong sfocerà in una “win-win situation” capace di compensare economicamente chi subirà dei danni. In questa direzione vanno anche le pressioni della comunità internazionale per cui lo sviluppo economico tramite una tipologia energetica considerata eco-friendly rappresenta un’opportunità da non mancare, sia per l’integrazione economica nel framework del WTO, sia al fine di realizzare i Millenium Development Goals dell’Onu.
Poco prima della partenza giunge trafelato un reporter del WSJ, e così saremo in due occidentali sui tre elicotteri RDPL della Lao Aviation che in circa 75 minuti ci porteranno a destinazione. Camicia a maniche corte, berretto Hawaii e occhiali da sole DKNY, James, il pilota australiano del nostro elicottero, vive qui da 8 anni ed è impossibile non andare con la mente ad Air America, il film del ’90 con Mel Gibson che racconta le losche operazioni della CIA in Laos durante la guerra del Vietnam, anni in cui il paese è stato colpito da una quantità di bombe superiore a quelle sganciate dagli Alleati su Germania e Giappone durante il secondo conflitto mondiale. Viaggiamo in direzione nord-ovest ed il panorama sotto di noi è di quelli da lasciare senza parole: appena usciti dalla piccola area della capitale ai nostri piedi scorre una foresta rigogliosa, interrotta solo di tanto in tanto da piccoli villaggi – 10-15 abitazioni al massimo – o da fattorie completamente isolate e connesse da piccoli sentieri tra le colline. La terra rossa rende il tutto ancora più suggestivo.
Il Mekong a nord-ovest di Vientiane
Atterriamo puntuali nel minuscolo aeroporto di Xayaburi che è presidiato da una decina di militari, per lo più giovanissimi, e saliamo su un fuoristrada che in circa 45 minuti a velocità sostenuta attraverso la campagna ci porta al sito dove verrà costruita la diga. L’ingresso è sorvegliato da altri militari, ma dopo il blocco la strada è ancora lunga diversi chilometri lungo i quali si snoda un insediamento di circa 3000 persone: operai, tecnici, ingegneri, consulenti. Nell’ultimo anno il loro numero è aumentato di circa 1000 e all’interno dell’insediamento sono presenti tutti i servizi necessari in una situazione di quasi totale isolamento. A breve ci sarà il classico taglio del nastro, ma la cerimonia è iniziata alle 7 del mattino con le offerte di rito e la presenza di 19 monaci provenienti da 13 diversi templi oltre alla partecipazione delle autorità locali con circa 300 abitanti della zona circostante. “Anche se il progetto è partito nel 2007 i lavori si sono intensificati solo negli ultimi due anni” mi conferma Stuart Glauberman portavoce di Xayaburi Power Company Limited e prosegue rimarcando la bontà del progetto e la sostenibilità ambientale dello stesso per quanto riguarda il passaggio dei pesci e la minimizzazione dell’azione di ostacolo dei sedimenti, vitali per l’agricoltura innanzitutto nella regione vietnamita del Delta da cui origina circa il 45% dell’export di Hanoi. “Il progetto ha le potenzialità per aiutare la popolazione della regione e stimiamo che possa completarsi entro il 2019” conclude.
La diga sarà costruita da un consorzio in cui la thailandese Ch. Karnchang ha la quota di maggioranza. E data la prossimità geografica la Thailandia lo scorso giugno ha firmato un Power Purchase Agreement tramite il quale l’EGAT (Electricity Generating Authority of Thailand) si impegna ad acquistare il 95% dell’energia prodotta dalla diga per 28 anni. Inoltre sei banche thailandesi, Siam Commercial Bank, Bangkok Bank, Tisco Bank, Krung Thai Bank, Krung Thai Bank e la Export-Import Bank of Thailand parteciperanno al finanziamento della diga.
Va sottolineato a tal proposito che la domanda di energia della regione è in forte crescita e si stima che nel 2020 possa toccare i 102000 MW, dato quadruplo rispetto al 2000, e il paese a guidare tale trend è proprio la Thailandia.
Il luogo esatto in cui verrà costruita la diga di Xayaburi
Tuttavia le preoccupazioni restano e anzi stanno crescendo per via dell’accelerazione impressa dal governo laotiano con una svolta dalla quale sembra quasi impossibile tornare indietro e, per contro, probabile che altre dighe lungo il Mekong seguiranno. Ad oggi ne sono previste 11 (9 in Laos e 2 in Cambogia). Il WWF stima che la diga minacci la biodiversità della regione, la fauna ittica e di conseguenza la sussistenza di milioni di abitanti e ha chiesto una moratoria di 10 anni. Nonostante manchino ancora studi definitivi si stima che oltre 15 milioni di persone dipendano dalla sola risorsa ittica del fiume. Parimenti Ame Trandem, Direttore del Programma Sudest asiatico di International Rivers ha criticato il governo laotiano per la mancanza di trasparenza e per aver dato il via al progetto senza i necessari approfondimenti. Anche la Mekong River Commission (MRC), istituzione multilaterale composta da Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia, aveva chiesto come il WWF dieci anni di tempo per studiare le possibili esternalità della diga, ma il prosieguo dei lavori mette in discussione il ruolo stesso dell’istituzione.
Alle preoccupazioni fanno invece da contraltare i festeggiamenti di chi sarà coinvolto nei lavori. Un ingegnere laotiano con in mano tre bottiglie di champagne mi dice “questo è un grande giorno per noi e per il Laos e va festeggiato come si deve”. Anche i consulenti della finlandese Pöyry , il cui ruolo nei mesi scorsi era stato contestato da una petizione inoltrata a Helsinki da 15 associazioni che la accusavano di violare i codici di condotta OECD, brindano.
Dipendenti della compagnia di consulenza finlandese Pöyry.
Il grande interrogativo riguarda, tuttavia, le future reazioni degli stati a valle: Vietnam e Cambogia. Solo due mesi fa il Presidente vietnamita ha dichiarato che la gestione delle acque del Mekong rappresenta una issue prioritaria per il Vietnam, sottolineando che l’acqua sarà il petrolio del 21° secolo. Il 7 novembre però gli ambasciatori vietnamita e cambogiano in Laos hanno presenziato e ad oggi nessuna protesta ufficiale è stata mossa dai due Paesi a valle. Una settimana dopo la cerimonia ho incontrato ad Hanoi Dao Trong Tu, Direttore della vietnamita CERAWEC (Centre for Sustainable Water Resources Development and Adaptation to Climate Change) e quando gli ho domandato come ha fatto il Laos ad ottenere il “via libera” ha sorriso allargando le braccia. “Forse dieci anni di ulteriori studi erano troppi, ma procedere ora è troppo rischioso” mi spiega, ed aggiunge che secondo lui il governo vietnamita resta fortemente preoccupato. Il grande vincitore è invece la Thailandia che, come detto, avrà un ruolo maggioritario nella costruzione e si assicurerà la quasi totalità dell’energia. Prima della cerimonia girava voce che potesse partecipare anche il Primo Ministro thailandese Yingluck Shinawatra, ma forse anche per evitare ulteriori frizioni ha optato per non presenziare.