Accadde DomaniE se Mario Monti volesse ricreare la Democrazia Cristiana? Pollice verso dei sondaggi.

In apparenza i presupposti ci sono tutti: l'appoggio esplicito della Chiesa Cattolica, l'orientamento moderato, l'ambizione dell'uomo, le diverse componenti politiche e sociali che si stanno aggreg...

In apparenza i presupposti ci sono tutti: l’appoggio esplicito della Chiesa Cattolica, l’orientamento moderato, l’ambizione dell’uomo, le diverse componenti politiche e sociali che si stanno aggregando attorno al nuovo centro. E poi ancora l’attivismo di Pier Ferdinando Casini, reduce della prima Repubblica democristiana, le citazioni sempre più frequenti di Alcide De Gasperi, una certa propensione ad assembrare aree moderate provenienti da sinistra e da destra. Insomma, l’idea che Mario Monti voglia ricreare la Dc del nuovo millennio non è soltanto una suggestione dei politologi italiani ma un’ipotesi da prendere in considerazione. D’altronde Mario Monti ha subito fatto capire ai suoi nuovi avversari che lui non si considera semplicemente un professore prestato alla politica. Dalle prime battute della campagna elettorale si capisce che le ambizioni dell’uomo sono ben più alte e dunque vale la pena ragionare su questi temi.

Da uno sguardo più approfondito, tuttavia, emerge con chiarezza che un progetto simile sarebbe anacronistico, senza fondamento storico e senza respiro. Le elezioni ci diranno quale sarà il successo del progetto Monti ma fin d’ora si può dire che le citazioni di De Gasperi appaiono assolutamente fuori luogo. La Dc del dopoguerra mise le sue radici in Italia sulla base di una spartizione che fu decisa a tavolino dalle due superpotenze che avevano sconfitto il nazismo e il fascismo. E una delle leve del successo del ’48 fu quell’anticomunismo che tenne fuori i comunisti dal governo per oltre trent’anni. Oggi soltanto Silvio Berlusconi è riuscito a sostenere che il pericolo è ancora quel pericoloso comunista che risponde al nome di Luigi Bersani. Propaganda pura che oggi non reggerebbe. Non a caso lo stesso Berlusconi, a parte qualche battuta, punta al populismo piuttosto che all’anticomunismo. 

L’altro anacronismo riguarda la composizione politica e sociale dell’aggregazione montiana. Una delle caratteristiche che hanno fatto della Dc un partito dominante per oltre trent’anni è stato il suo interclassimo: nella Dc concivevano pezzi di classe dirigente come ampi strati di ceto medio e operaio. La forza della Dc fu la capacità di combinare liberismo e welfare state, stato e mercato. Il progetto di Mario Monti nasce come un ibrido: per conquistare aree di elettorato, dopo un anno di rigore avrebbe bisogno di lanciare politiche sociali, welfare, crescita. Ma la sua politica liberista lo condanna a rimanere schiavo di un mercato che, come è stato ampiamente dimostrato, non è in grado di riportare il paese allo sviluppo. 

E’ forse per questo motivo che i primi segnali che arrivano dai sondaggi non sono per nulla incoraggianti, malgrado la forte presenza mediatica. Al massimo Mario Monti con il suo progetto potrà disturbare la crescita della start up “Fare”, il partito che nasce dal movimento Fermare il Declino guidato da Oscar Giannino. Nell’immaginario collettivo “Fare” era l’unica forza autenticamente Liberal che si poteva trovare sul mercato della politica. Con la discesa in campo di Mario Monti, considerato dai più un “liberal”, il partito di Oscar Giannino farà fatica a distinguersi se non riuscirà ad emergere con proposte alternative credibili e soprattutto visibili. E comunuqe, tornando al nostro De Gasperi in do minore, sarà davvero difficile che il progetto Monti possa superare la soglia del 12-13%, se il professore non metterà in campo politiche sociali che non si intravvedono nel suo Dna. E’ più facile che faccia presa di nuovo il neo populismo, intriso di demagogia, di Silvio Berlusconi.

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