Negli ultimi due anni, sono aumentate esponenzialmente le pubblicazioni dedicate al “continente cinese” il cui espansionismo economico comincia ad impensierire anche la gente comune d’Occidente. Ma bisogna davvero aver paura della Cina? La sua ascesa è per l’Occidente una minaccia oppure, all’opposto, un’opportunità? Che effetti avrà sul nostro portafoglio, sulle nostre vite? E, soprattutto, cosa si nasconde dietro ai suoi successi, quali e quanti sono i corrispondenti “costi sociali”? I cinesi sono diventati più ricchi, vivono meglio e quanto diversamente da noi? All’aumento del benessere economico pro-capite corrisponde anche un miglioramento dei diritti individuali o, inversamente, la libertà di pensiero e di manifestazione di un cittadino cinese è stata ristretta? La Cina si definisce ancora uno stato comunista, eppure è diventata il simbolo del capitalismo moderno: come spiegare questa contraddizione?
A tutte queste domande fondamentali hanno provato a dare delle risposte, seppur non sempre esaustive e “definitive”, i saggi che qui di seguito proponiamo, selezionati dall’ormai vasto catalogo di libri dedicati all’economia ed alla società cinese che si è costituito negli ultimi anni. Questi libri risalgono, come periodo di uscita, al secondo semestre dell’anno che si è appena concluso.
Una serie di titoli interessanti ci è offerta da Feltrinelli; ne segnaliamo due in particolare. Il primo è “La Cina in Dieci Parole”, di Yu Hua, un illuminante e coraggioso vademecum del “pianeta Cina”, articolato in dieci parole chiave – alcune storiche come “popolo” e “rivoluzione”, altre di recente creazione, come “taroccato” e “huyou”, fregatura – in cui si colgono, con saggia lucidità, i punti nevralgici di una società profondamente malata, nonostante i sorrisi e gli slogan di facciata, e si prova a svelare cosa si nasconda dietro i numeri trionfali di uno sviluppo tanto rapido quanto sbilanciato. Anche attraverso storie ed episodi apparentemente leggeri e divertenti, si racconta dello svuotamento di senso della parola “popolo” del dopo Tian’anmen, dell’insospettabile (e camuffato) fallimento delle Olimpiadi di Pechino, della tragedia di orde di venditori abusivi, dell’orrore delle demolizioni forzate, della falsa felicità di una nazione e di un intero popolo. Tanto che questo resoconto si rivela un canto appassionato delle sofferenze di un popolo, della meschinità degli esseri umani e, allo stesso tempo, della loro grandezza.
Il secondo titolo, a marchio Feltrinelli, è “Cinesi. Come vive, lavora, ama il popolo che comanda il mondo” che, come si può intuire, si immerge ancor più in profondità nella vita quotidiana della gente comune, col giusto distacco di un punto d’osservazione “non casalingo”. L’autore, in questo caso, è, infatti, un italiano, quel Giampaolo Visetti che vive ormai da anni a Pechino in un hutong vicino al lago Houai, dietro la Città proibita. Lui ha viaggiato per tutto il Paese e conosciuto e raccontato migliaia di storie. Soprattutto ha cercato – con curiosità, empatia e sguardo a volte sorpreso e a volte preoccupato – di capire i cinesi. Dal ricco vicino di casa, che come abitazione si fa costruire un tempio tradizionale, finto ma più vero di quello vero, all’umile tassista venuto dalla campagna che tiene in una scatolina il suo grillo ammaestrato; da Liu Xiaobo, che ha vinto il premio Nobel per la pace ma non ha potuto ritirarlo e resta murato vivo in prigione, alla semplice ragazza di città che per un sms imprudente è scomparsa nelle maglie della repressione. Cosa significa vivere in un Paese insieme a un miliardo e trecento milioni di connazionali? Essere protagonisti – e vittime – dei più grandi sconvolgimenti economici, ecologici, sociali della storia? Avere una tradizione culturale millenaria, rinnegata ma mai del tutto spazzata via, ed essere esposti alle più sfrenate lusinghe del capitalismo globale e consumista? Ecco, questo libro prova ad offrirci delle risposte che, seppur parziali e frutto di un unico punto di vista, costituiscono un punto di partenza per avviare ulteriori riflessioni ed approfondimenti sulla struttura sociale e culturale della Cina contemporanea.
Anche l’altro colosso editoriale Mondadori ha dovuto interessarsi all’ascesa impetuosa del “dragone rosso” e, recentemente, ha mandato alle stampe “Il XXI secolo appartiene alla Cina? Conversazione sul futuro del mondo” che registra il dibattito e le prese di posizione sul tema al settimo “Munk Debates” (della fondazione del filantropo Peter Munk), tenutosi a Toronto il 17 giugno 2011, a cui hanno partecipato alcune delle menti più brillanti e competenti dell’odierno panorama culturale. Come si legge in queste pagine, il dibattito ha portato alla formazione di due netti e contrapposti schieramenti. Da una parte, Henry Kissinger, il contestatissimo Nobel per la pace e segretario di Stato americano sotto la presidenza Nixon (già autore di retrospettive sulla Cina, sempre pubblicate da Mondadori), e Fareed Zakaria, opinionista e conduttore di un popolare e influente programma di politica internazionale sulla CNN, ritengono che la Cina sarà troppo impegnata a tenere a bada le tensioni interne e quelle con i Paesi limitrofi per poter diventare la potenza egemone a livello planetario. Un ruolo che la Cina non potrebbe ricoprire, secondo loro, anche perché priva dell’influenza culturale e del “soft power” necessari a esercitare una convincente supremazia. Di parere opposto, invece, Niall Ferguson, saggista e giornalista britannico, e David Daokui Li, economista e docente in varie università cinesi e statunitensi.
Un resoconto forse meno interessante (ed “accattivante” per il grande pubblico) rispetto a quelli proposti da Feltrinelli, ma che contiene sicuramente spunti di riflessione importanti e utili per il futuro prossimo…
Jaka Book ha preferito, invece, puntare i riflettori sulle condizioni disumane cui sono ancora costretti i lavoratori cinesi e, quindi, sui costi sociali (o umani) che stanno dietro il boom industriale del “Dragone Rosso”. “Cina, la società armoniosa. Sfruttamento e resistenza degli operai migranti” sembra quasi il corrispondente letterario del bellissimo documentario “China Blue” di Micha X. Peled (distribuito qui in Italia da Fandango) che descriveva il brutale sfruttamento della manodopera nelle fabbriche di abbigliamento cinesi, attraverso gli occhi, le parole, le emozioni, ma anche le speranze, di alcune giovanissime ragazze provenienti dalle campagne. E costrette a lavorare, quando si è in prossimità di scadenza di un ordine, anche venti ore consecutive!
Altro che società armoniosa! La disabitudine alla protesta e la storica propensione alla sottomissione mascherano, infatti, gli orrori e le vergogne della struttura sociale cinese. Ma il vento pare stia girando. Come testimoniano le notizie delle sempre più frequenti rivolte sindacali nelle fabbriche cinesi e come ci racconta questo nuovo bel libro di Pun Ngai: a differenza di quelle passate, infatti, le nuove generazioni della forza lavoro cinese, vivendo un’enorme divaricazione tra le aspettative di vita e le esperienze di lavoro, stanno tentando e, in qualche caso ci sono già riuscite, a porre dei limiti allo sfruttamento, acquisendo, contemporaneamente, una coscienza di classe.
Sempre “made” Jaca Book, sarebbe da segnalare anche un altro importante testo che si occupa dell’altro impero “orientale” ancora formalmente comunista, ma del tutto orientato all’economia capitalista. “Da Lenin a Putin e oltre. La Russia tra passato e presente” si rivela, infatti, un testo fondamentale per ogni studioso poichè rivisita, in 200 pagine, tutta la storia moderna e contemporanea dell’ex impero sovietico, ritornato ad essere uno dei grandi attori del gioco politico globale sotto il comando del nuovo zar Vladimir Putin.
Concludiamo la nostra serie di proposte con un titolo di Longanesi, “Il Demone della Prosperità”, che ha già riscosso un grande successo internazionale sia a livello di pubblico, che di critica. Non si tratta, in questo caso, di un saggio, bensì di un romanzo ambientato in una “immaginaria” (ma molto realistica) Pechino del 2013 che, però, come spesso può accadere, si dimostra capace di descrive i sentimenti, l’ “anima” e l’immaginario collettivo di una realtà storica decisamente meglio di qualsiasi altra monografia, guida o trattato scientifico (a dire il vero, in questo viaggio di quasi 300 pagine, si ha spesso la sensazione di avere sotto mano un saggio di economia politica). Tanto che, per profondità e completezza di analisi, questo libro risulta il migliore fra tutti quelli sinora menzionati, almeno in rapporto all’obiettivo di conoscere a fondo le radici culturali e politiche della società cinese.
Si tratta di una metafora, in alcuni passaggi anche divertente, della Cina d’oggi, dove il Partito Comunista mantiene saldamente le redini del potere, all’insegna di un benessere e di un consumismo sempre più diffusi, degni dei migliori Paesi capitalisti. Storditi dalla prosperità, pochi cinesi sembrano non preoccuparsi di questioni centrali per qualsiasi società civile quali i diritti umani, la libertà di pensiero e di espressione (assottigliata dalle cesoie della censura governativa).
In realtà, lo scrittore, l’attivissimo Chan Koonchung – che ha lavorato nell’industria cultura di tutte le tre le Cine (Hong Kong, Taiwan e Pechino) -, proietta su un futuro di fantasia la sua interpretazione di molti eventi della storia presente cinese. Feroce e caustica è la critica al Partito e ai funzionari corrotti, e amara la constatazione che l’attuale benessere cinese è fondato sulla rinuncia ad una vera democrazia. Il “mese dimenticato”, che è il fulcro della trama narrativa, è, in realtà, una metafora della rimozione collettiva degli eroi del giugno 1989: un’intera generazione di giovani, infatti, non sa nulla o quasi dei fatti di piazza Tiananmen.
Per Charles Foran, del “The Globe and Mail”, come ha riportato la rivista Internazionale, si tratta di “una pietra miliare della minoritaria tradizione umanista cinese (…).Una lettura fondamentale e urgente”. “Il libro più coraggioso pubblicato da un autore cinese che non vive in esilio, rappresenta la Cina contemporanea come un paradiso artificiale fatto di crescita, benessere materiale e governo totalitario. Come è possibile che il disastroso Partito comunista, fautore di una violenta repressione e ininterrottamente al potere dal 1949, sia ancora legittimato e abbia perfino un vasto consenso?”
Scritto nel 2009, “Il Demone della Prosperità” è stato pubblicato, però, solo ad Hong Kong. Nella Cina continentale è (ovviamente) tutt’ora vietatissimo, ma molte copie circolano clandestinamente, tanto da finire nei top ten dei bestseller venduti al mercato nero.
Per i lettori italiani che possono allarmarsi alla vista di cosi tanti nomi cinesi all’interno del libro: per fortuna, all’inizio è offerto un elenco dei personaggi principali di cui ci si può servire quando si comincia a perdere il filo…