Ieri è andata via l’acqua per tutto il pomeriggio. Senza avvisi: siamo in Italia, non si usa informare quei cretini degli utenti, le uniche comunicazioni sono per gli aumenti in bolletta. Alle otto di sera ancora era tutto asciutto, io e Filippo ci siamo salvati con le sue salviette umide e per fortuna avevamo pranzato dai nonni, quindi non c’erano piatti sporchi nel lavandino né a impuzzolire la lavastoviglie piena.
In un’atmosfera retrò, passeggiando per casa con le mani viscide e profumate da salvietta per neonati, ho deciso anche di spegnere la tv per provare l’ebbrezza di una serata vecchia cento anni, senza acqua corrente e senza elettricità (spegnere pure la luce mi sembrava obiettivamente troppo). Proprio in quel momento hanno bussato alla porta. Era la badante della mia dirimpettaia, una signora di origini romene che è sempre molto affettuosa con Filippo. Così affettuosa che un giorno, quando sono venuti a trovarci degli amici con un altro bimbo, lei ha cominciato a urlare sul pianerottolo: “Filipo!! Filipo! Come sei cambiato!”.
Dlin dlon
“Chi è?”
“Sono Tanja, vicina di casa“
Apro la porta, bebè in braccio (casualmente). Tanja ha tre bottiglie e un secchione giallo pieno di acqua.
“Uh, ciao Filipo!“
“Salve…”
“Ciaooo Filipooo! Ti volevo dire che sono scesa sotto, nelle cantine c’è acqua. Filipooo, Filipooo…“
“Ah grazie, dopo scendo a prenderne un po’”
“Ma come sei belo, Filipo. Quando cresci ti insegno parole di Romania“
“Nhgè…llà…nhgè”
“Ah, ma tu vuoi già parlare! Vuoi già parlare Filipoooo?“
E lì è iniziata una fantastica conversazione: fra Tanja in romeno, Filippo in llanghegghese e io dietro, che gli facevo da poltrona. Tra un Salut, ce mai faci? e un bebeluş, già mi vedevo il figlio poliglotta che parlava alla Commissione europea nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione (tra cui anche il romeno, appunto).
“Sai, io ho cresciuto cinque figli a Romania“
“Wow…”
“Non tutti miei. Io ho due maschi ma ho cresciuto tre bimbi abbandonati. Uno è arrivato di 7 anni, e la più piccola di due settimane. Pesava due chili, come una bottiglia di acqua. Mio marito diceva ‘Questa muore’. Ma sta bene“
Così ho scoperto la realtà dei copii pe strada.
Fra i paesi dell’Est, la Romania detiene il triste primato dell’abbandono minorile: un dramma che risale agli anni di Ceausescu che – come tutti i dittatori – puntava all’aumento demografico ma ha ottenuto solo povertà e abbandono.
Oggi il ministero per la Protezione sociale affida questi ragazzi alle “assistenti materne”, cioè mamme/balie che se ne occupano in cambio di sussidi statali. Sussidi che, però, la crisi ha tagliato per cui il fenomeno non accenna a diminuire. E i bambini continuano a drogarsi con la colla, a prostituirsi per mangiare, a vivere di elemosina nelle fogne, dove fa più caldo. Per questo li chiamano anche i bambini delle fogne. Addirittura si parla di esperimenti su di loro da parte della moglie di Ceausescu, di contagio volontario con il virus dell’Aids.
Su Internet non ho trovato molte informazioni, a parte questo articolo sull’Avvenire e il trailer di un docufilm del 2006, dal titolo “Gara de Nord, copii pe strada”.
Un brutto pezzo di Storia europea, non ancora concluso, difficile da commentare come mamma, come donna, come essere umano. Un dolore a cui si aggiunge la frustrazione per un dramma poco raccontato, sconosciuto ai più e per comodità di chi?
Mi piacerebbe un giorno, parlando con Tanja, scoprirne qualcosa di più e raccontarlo. Ecco, presto sarò io a bussare alla sua porta.
Borse e Bavette è il diario quotidiano tratto da Una figlia come te. Gravidanza e maternità, inutile dirlo, hanno portato con sé pensieri, paure, gioie e riflessioni. Le più serie, e le interviste, le trovate qui. La storia che c’è dietro, invece, la trovate su Borse e Bavette.