BallatoioIl Piemonte con il trucco

Oggi sono esattamente 2 anni e 9 mesi da quando ho firmato l’ormai noto ricorso elettorale contro alcune liste che hanno sostenuto alle elezioni regionali piemontesi del 2010 l’attuale presidente d...

Oggi sono esattamente 2 anni e 9 mesi da quando ho firmato l’ormai noto ricorso elettorale contro alcune liste che hanno sostenuto alle elezioni regionali piemontesi del 2010 l’attuale presidente della Regione Cota.

Riassumo brevemente la vicenda: il 29 marzo 2010 la coalizione che candidava Roberto Cota alla presidenza della Regione Piemonte vince le elezioni con 9.286 voti di differenza sulla candidata Mercedes Bresso. Nei giorni successivi vengo messo a conoscenza di alcune possibili gravi irregolarità che avrebbero commesso alcune liste minori che sostenevano il candidato Cota. La somma dei voti delle quattro liste contestate è pari a 76.188 voti, quindi determinanti per l’esito delle elezioni. Una di queste liste (“Pensionati per Cota”, guidati dal consigliere regionale Michele Giovine) non solo non aveva raccolto regolarmente le firme di presentazione della lista, ma addirittura alcuni dei candidati dichiaravano che non erano nemmeno a conoscenza della loro stessa candidatura e che le firme apposte erano tutte false. Questa sola lista ha preso 27.797 voti, circa tre volte la differenza tra i due schieramenti.
Una lista farlocca, fatta di candidati finti, un trucco, una presa in giro nei confronti dei cittadini ha di fatto deciso l’esito delle elezioni della mia Regione.
Il 6 maggio 2010 accetto di firmare un ricorso al Tar Piemonte che chieda una verifica, insieme a Mercedes Bresso (allora candidata alla presidenza), Angelo Bonelli (Presidente dei Verdi), Massimo Striglia (rappresentante dell’UDC) e Luigina Staunovo (del Movimento Invalidi e Pensionati).

2 anni e 9 mesi. Da allora il procedimento amministrativo è stato rimbalzato tra i vari gradi di giudizio e di fatto siamo ancora in attesa di un esito finale. Nel frattempo però nei confronti di Giovine si è aperto un procedimento penale, figliato dal nostro ricorso, che è giunto ad una condanna in secondo grado a 2 anni e 8 mesi, per aver falsificato ben 17 firme su 19 candidati.

2 anni e 9 mesi. Che Cota governa il Piemonte. E non appena arriverà anche il terzo grado di giudizio penale potremo dire senza altri dubbi che lo fa illegittimamente grazie ad una truffa.

2 anni e 9 mesi. Fatti di avvocati, di garbugli ingarbugliati, di tante carte, di appelli, di sgambetti e di cavilli, di pressioni e di ansie. Fatti del presidente della mia Regione che, invece di dimettersi o di sentirsi quantomeno turbato dal fatto di essere stato eletto con un trucco, ci ha definiti “golpisti sudamericani”. Fatti di fiaccolate leghiste contro la nostra iniziativa. Fatti di “ma chi te lo fa fare?” o “ma che ci guadagni?” (nulla). Fatti di politici che un giorno stavano con noi appoggiando l’iniziativa, il giorno dopo (quando non conveniva più) dichiaravano che le elezioni non si fanno nei Tribunali. Fatti di tanta incoerenza. Ma fatti anche di tanti amici che hanno dimostrato coerenza e sostegno costante.

Non ne ho mai fatta una questione “politica”, ma di giustizia e di democrazia. Ricordo che Cota su questa vicenda ha affermato: “è uno schifo constatare che certa gente non accetta le regole democratiche”. REGOLE, ecco la parola chiave: parola sulla quale dovrebbe poggiare la nostra democrazia. Parola che di questi tempi, fatti di cricche e di furbetti, fatti di bavagli e di giudici additati come talebani, pare abbia smarrito il suo significato.

Non ne faccio una questione “politica”, avrei agito allo stesso modo anche se avessimo la Giunta Regionale migliore al mondo (ma vi assicuro che non lo è).
È una questione di rispetto per la democrazia, quindi per noi stessi.
È la voglia di affermare che la cultura del più furbo e del “tanto la faccio franca” è la più grande piaga del nostro paese.
È la voglia di affermare che l’arroganza del più furbo l’avrà sempre vinta, se abbassiamo la testa, sospiriamo e alziamo le spalle.
È la voglia di riprenderci il diritto di scegliere senza brogli da chi essere governati.