Bankitalia ha diramato ieri una circolare che sancisce ufficialmente la fine dei tempi d’oro per i top manager degli istituti di credito: se la banca chiude in perdita, o con un core tier one – l’indice di solidità di una banca – inferoire al livello comunicato alla vigilanza, niente bonus né dividendo. Quanto alla remunerazione variabile, via Nazionale sottolinea la necessità di una sua «significativa riduzione». D’altronde, se nella patria del segreto bancario, la Svizzera, un referendum popolare ha approvato un tetto alla remunerazione dei manager, il clima è cambiato davvero.
Lo scorso 28 febbraio i negoziatori delle istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio) hanno raggiunto un accordo sull’applicazione delle regole di Basilea III, che fissa un rapporto di 1 a 1 tra remunerazione fissa e variabile dei top manager degli istituti di credito (elevabile a 2:1 soltanto con il via libera della maggioranza assoluta dell’assemblea degli azionisti), il 25% della quale può essere riconosciuta tramite strumenti a lungo termine.
L’altra indicazione contenuta nel documento di Palazzo Koch riguarda il tasso di copertura dei crediti dubbi, un tema delicatissimo che fa innervosire – all’ipotesi di convogliarli in una bad bank – tutti gli amministratori delegati. Eppure, sottolineano gli uomini del governatore Ignazio Visco, «il coverage ratio (delle sofferenze, ndr) a settembre era pari al 54,1 per cento», valore «in significativa flessione dal 62,7 per cento registrato a fine 2007». «In prospettiva, la correttezza delle classificazioni aziendali relative alle perdite anomale e la congruità delle rettifiche di valore continueranno a formare oggetto di attento scrutinio da parte della Banca d’Italia, che si riserva di adottare gli interventi di vigilanza ritenuti opportuni», ammonisce via Nazionale senza mezzi termini. La moral suasion è un lontano ricordo: la vigilanza si fa a suon di ispezioni. Non si scherza più.