La retorica dell’emergenza è talmente radicata a Napoli da costituire la sua stessa identità. E’ una vera piaga, molto più grave della camorra e della spazzatura perché strozza ogni tentativo di cambiamento. Il meccanismo viene alla luce ogni volta che succede qualcosa, qualunque cosa. Ieri è stato il giorno delle catastrofi che non vengono mai da sole e in meno di ventiquattr’ore sono venuti giù l’angolo di un palazzo e il più importante polo culturalscientifico della città. E così la retorica dell’emergenza è esplosa in tutto il suo splendore.
E’ esplosa nel posto che oggi più di tutti raccoglie gli umori delle persone: i social network. Si sa quanto valgono gli umori, quanto quelli di un bar sport: lì non si va per cambiare le cose, soltanto per prendersi un caffé. Ma non per questo il bar, la bacheca, il commento, resta un posto dove gli umori restano, e covano. Leggendo i feeds delle ultime ore da parte dei miei concittadini che commentano questi ultimi due eventi, emergono i tratti in comune del napoletano amareggiato che tende a ridurre tutto alla terribile retorica dell’emergenza. “Maledetti”, “La colpa è di noi che restiamo fermi”, “Che il Comune si prenda le sue responsabilità”. Il perito non è stato neanche telefonato ma i napoletani sanno già quali sono le cause. E’ l’ineliminabile piove governo ladro, l’immancabile generalizzazione verso ogni causa di quello che viene semplicemente chiamato “male”.
Non può essere ogni volta un’emergenza, altrimenti è l’emergenza stessa che smette di avere senso. E’ un meccanismo micidiale, soprattutto perché, trattandosi di retorica, ci cadono tutti, anche chi vuol dire qualcosa in buona fede. Purtroppo questa città è già stata divorata dal lupo, da un bel pezzo, anzi, è la città dove i lupi possono venire, perché verranno sempre accolti come agnelli. Napoli è forse l’unica città d’Italia dove nel 2013 valgono ancora gli slogan del dopoguerra. Annunci epici come “Rialzati!”, “Liberiamola!”, “Rinasci”, “Scacciamo il Male”. Se vuoi essere eletto sindaco, vieni armato di queste parole e anche tu una possibilità potrai averla, giacché verrai prima guardato con diffidenza, poi la gente inizierà ad entusiasmarsi. Il risultato paradossale è di trovarsi circondati da tanti “al lupo!”, senza accorgersi che il lupo non è mai esistito.
Piove, sale un nuovo sindaco, c’è un convegno internazionale, un cane si gratta, vinciamo lo scudetto, il concerto di capodanno, un palazzo crolla, un edificio brucia. L’evento può avere una qualunque natura, qualunque origine, non importa, la reazione è sempre la stessa, viene sempre chiamata in causa la città tutta intera. Ogni volta viene scomodata questa entità che non esiste, la città, svuotando anche il contenuto del suo concetto. C’è Delusione, Rabbia, Aspettative, Speranze, Gloria, Onore, Rispetto. Ma sopratutto, più di tutte, Rinascita e Inferno, i due temi su cui è sempre stata orientata la campagna elettorale del Sindaco di Napoli.
Nel centro città un’ala di un palazzo è crollata, molto probabilmente a causa della cattiva manutenzione dell’edificio e della terribile lentezza nei lavori di stabilizzazione. Nello stesso giorno Città della Scienza è sparita tra le fiamme. E’ ancora presto per scoprire le cause, ma il sospetto è caduto comunque sulla signora Rinascente.