Dopo l’elezione del papa argentino sono stati veramente pochissimi ad aver avuto dubbi sui motivi della scelta del nome. Francesco per Francesco d’Assisi, per una Chiesa che deve ripartire dagli ultimi, tornare alle origini, ritrovare la letizia della semplicità eccetera. Qualcuno aveva instillato il dubbio che – invece – Francesco fosse Francesco Saverio. Dunque non l’amico degli animali, ma il gesuita.
Ora, è stato il papa stesso a chiarire, semmai ce ne fosse stato bisogno: mi chiamo così perchè voglio una Chiesa povera per i poveri. E i giornali – coi loro animali da cortile – possono così continuare a battere sul mainstream francescano. Il che fa sinceramente sorridere. Anche perché adesso sembrano tutti poverelli, tutti forzavenitegente. Con il rischio di dire anche delle grandi baggianate.
Prendete Francesco Merlo, inviato ad Assisi per vedere cosa si prova giù nella cripta che custodisce il corpo del Santo. Merlo la dice giusta quando prende per il culo la vulgata di “San Francesco, che molti oggi identificano come una specie di John Lennon o come un hippy giullare”. Francesco “era in realtà un soldato di Cristo, un uomo di armi, e la sua chiesa, presagio e profezia per questo papa argentino, era una milizia fondata sulla disciplina”.
Però – forse sarà stato per la fretta o per una consultazione frettolosa di wikipedia – Merlo chiude il suo spericolato reportage con una imprecisione piuttosto grossolana. Non è vero che i “Francescani non sono mai riusciti a esprimere un papa”. Ne hanno avuti quattro: Nicolò IV, Sisto IV, Sisto V, e Clemente XIV. Ma Merlo – che era stato capace di cogliere nelle righe precedenti il senso del francescanesimo – aveva bisogno della chiusa ad effetto, doveva dare la biada ai lettori di Repubblica, quelli per i quali Francesco e John Lennon pari sono.
I Francescani non sono riusciti ad esprimere un papa, scrive Merlo, “perché la loro è una religione spontanea, patrimonio di popolo e non di gerarchie”. Che è senz’altro vero. Ma si dimentica di dire, Merlo, che Francesco non uscì mai dalla Chiesa – la quale, vorrei sottolineare, era messa molto peggio di quella attuale – e cercò sempre il conforto e la benedizione del papa, cioè del capo gerarchico, che identificava come Pietro e non come amministratore delegato.
Insomma Francesco era un rivoluzionario dall’interno, che è l’unico modo per farla davvero, la rivoluzione. E forse è questo il motivo per il quale Merlo e la sinistra che si abbevera a Repubblica la rivoluzione non sanno neanche dove stia di casa.