Abolire il finanziamento pubblico ai partiti dovrebbe essere uno dei punti principali della proposta di cambiamento del PD. Non solo per le ragioni d’interesse generale, tutte fondate e da sole sufficienti per prendere questa decisione, addotte dai propugnatori dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ma anche perché serve al Partito Democratico. Anche se non sembra accorgersene. Anzi la vede, nella sua maggioranza, come una sciagura. Da evitare assolutamente. Non a caso, fino a poco tempo fa, c’era chi, schiettamente, sosteneva che il finanziamento pubblico ai partiti non solo non andava abolito ma aumentato.
Abolire il finanziamento pubblico ai partiti aiuterebbe il PD. Che per avere un futuro, per essere un partito che, ritrovando l’affidabilità perduta, sia capace di intercettare la domanda di cambiamento, dovrebbe rivedere radicalmente la sua forma, la sua struttura, la sua organizzazione e le motivazioni a far politica delle sue donne, dei suoi uomini e…soprattutto, dei suoi giovani.
Perché non si perde o vince solamente per questa o quell’altra proposta politica. Non c’è solo una linea politica da correggere o aggiustare. Alle ultime elezioni ha perso la forma partito che il PD ha assunto dall’ultimo congresso a oggi. Un partito imperniato su apparati e sul totale controllo da parte di questi del partito e quindi dei finanziamenti e delle candidature. Non solo e non tanto al centro, ma soprattutto in periferia. Ha perso la pratica politica che discende da questa idea di partito. Un partito che assomiglia di più al vecchio modello di partito che potremmo definire “brezneviano” invece che al “partito dei cittadini” che la società contemporanea pretende in una democrazia occidentale matura, nel 2013, in tempi di democrazia partecipativa 2.0.
Idea e la forma di partito non sono secondarie. Sono sostanza. Precede la proposta politica. E la rende credibile o meno agli occhi dei cittadini. Non può essere in dissonanza con essa. Perché il partito di apparati, a torto o a ragione, richiama l’interesse, la politica per carriera, per privilegi, il potere per il potere mantenuto e garantito attraverso la cooptazione. E richiama quindi la casta, la separazione dal popolo, dai cittadini, e quindi la casta che fa accordi con altre caste, con altri poteri, il gattopardismo quindi, il finto cambiamento che maschera il conservativismo, il voler mantenere tutto come prima. E tutto questo esiste, è mantenuto, si regge, sul finanziamento pubblico al partito. E fa nulla se poi non sia cosi, o non sia sempre cosi, o non sia ovunque cosi sui territori. La politica, e quindi il consenso che ne discende, è percezione.