Sono mesi oramai che sfogliamo le pagine dei quotidiani domandandoci che cosa sia questa “rivoluzione democratica” delle cui insegne, Grillo e i “grillini” (tutti !?!) si fanno portatori nel nostro bel paese. Partiamo però dal nucleo di quella che molti politologi hanno definito come l’alba di una nuova repubblica. Domandiamoci innanzitutto: E’ davvero tutto così “giusto”? E’ davvero una “rivoluzione”?
Giustizia è un vocabolo tra i più caldi tra le fila di Grillo: giustizia sociale, politica, morale e via discorrendo, sono tra i temi che più toccano le corde dell’elettorato a cinque stelle. Perché? La risposta è semplice, purtroppo. La semplicità della risposta – ci sentiamo tutti ingiuste vittime – nasconde in realtà l’impasse pericolosa in cui siamo precipitati ed alla quale gli slogan riduttivistici, come quelli grillini, non fanno che incollarci sempre più.
Nella politica (rifiuto seccamente il concetto di anti-politica) esiste da sempre un’arma letale, arma che, senza scomodare paragoni troppo pesanti, è in grado di attrarre enormi quantità di consenso per esplodere poi all’interno del sistema con tutta la povertà dei suoi contenuti: è la purezza d’animo. Come qualche giorno fa ha sostenuto anche il politologo Luttwak, su Rai3, non c’è nulla di più pericoloso per un popolo che seguire coloro che si fanno portatori sani di questa purezza d’ animo. Gli eletti cinque stelle sono gente comune, eletta da altrettanta gente comune che si trovano a dover affrontare problemi non comuni. Dipingerli come unti dal signore non fa che avvicinare il paese all’ennesima disillusione, prefigurando un ulteriore e pericoloso inasprimento del rapporto cittadino-istituzioni.
La giustizia, l’arte del buono e dell’ equo, è qualcosa che nella sua essenza possiamo solo sfiorare con la morale. Perché dovremmo pensare che ci sia qualcuno in grado di costruire un muro e dire: “di qui è male di qui è bene?!?” . Se davvero pensiamo esista questo qualcuno allora è illogico affidaci ad un meccanismo democratico rappresentativo: perché dar fiato a tutti se solo pochi conoscono la giustizia? Diamo loro le chiavi del paese per sempre e gettiamo quelle di scorta o no?!.. Questo pensiero è un pensiero politico nato e morto ormai da qualche secolo: quando un noto filosofo inglese ordinava ai cittadini di consegnare le spade al sovrano illuminato (ma all’orecchio consigliava loro di tenere un pugnale alla cintura… fidarsi è bene non fidarsi meglio diremmo noi).
Su questi veri o presunti colpi di coda del cittadino si innesta la seconda parte del mio ragionamento. Grillo urla: “siamo in guerra, questa è una rivoluzione”. E’ così? Cos’ è una rivoluzione? Se per rivoluzione intendiamo un sommovimento atto a causare uno stravolgimento e capovolgimento totale dei meccanismi calcificatisi in un determinato momento storico forse, in questo senso, potremmo davvero parlare di una rivoluzione. Quantomeno per alcuni propositi di Grillo. Questa però, a mio modo di vedere, è un’ idea di rivoluzione che porta in grembo un accezione segnatamente negativa e negativista. E’ un idea troppo corrotta dal concetto di distruzione; per carità, ad alcuni potrà pur piacere quest’ ultima, ad alcuni però… In altro senso però la parola assume significato quasi antitetico ritrovando così le radici classiche del suo significato.
Di rivoluzione infatti possiamo parlare anche in senso di “rivolgimento” o meglio di “re-formatio”. Una riformazione porta con se anche il senso di un mantenimento delle radici di qualcosa, ancor meglio, implica un vero e proprio ritorno alle origini, nella loro verginità: insomma, una scrittura del futuro con le penne del passato. E’ qualcosa di radicale almeno quanto una distruzione ma certamente qualcosa di più positivo. Purtroppo a me pare che nel movimento di Grillo tutto ciò manchi.”Tutto quello che è passato non va bene, è ingiusto e deve essere cancellato. Tutto quello che è da noi è nuovo e per ciò stesso giusto”. Mi viene da pensare, sorridendo: “nulla di più ingiusto”.
LEONARDO MARCHESINI
per Wilditaly.net