RCS si appresta a varare il tanto agognato aumento di capitale. Mediobanca e Intesa hanno finalmente confermato il loro supporto all’operazione. Nonostante la necessità di capitale fosse quantificata in 600 milioni per il momento la transazione verrà limitata a 400 milioni: nessuno ha il coraggio – e le disponibilità finanziarie – di risolvere le difficoltà di RCS una volta per tutte. E si preferisce fare il minimo indispensabile semplicemente per salvaguardare i crediti del sistema bancario (quantificati in 575 milioni) ed evitare altre sofferenze. Adesso parte la caccia all’azionista, con i grossi membri del patto di sindacato (Intesa, Mediobanca e FIAT) incaricati di convincere i membri minori ed altri azionisti al di fuori del patto che partecipare è un buon investimento. Ma lo è?
Chiaramente no: con debiti alle stelle, circolazione in caduta libera, nessuna strategia digitale coerente, assenza di flottante in borsa, è chiaro anche ad un analista di banca d’affari di primo anno che RCS non ha futuro indipendente e che il principale Return on Investment per glli azionisti di RCS non è finanziario, ma di influenza. Per cui quando busseranno anche alla sua porta, caro Greco, dimostri che la musica è davvero cambiata alle Generali, e che i diktat di Mediobanca hanno ormai valore nullo in Italia. Dica di no alla ricapitalizzazione: che altri si occupino di supportare business model obsoleti con le risorse della collettività. Le Generali assicurano i propri clienti, non i membri del clubbino che ha portato l’Italia alla rovina.
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