Anche Luigi Preiti, l’attentatore di Palazzo Chigi, si dice sia caduto, da tempo, nella spirale del gioco d’azzardo; non quello dei casinò, ma delle slot machine che si trovano ormai ad ogni angolo delle nostre città. Ieri sera, il tg di Enrico Mentana ha opportunamente collegato alla vicenda-Preiti un (sacrosanto) servizio sul business delle scommesse controllato dallo Stato, ma anche dalle mafie, che, oltre a snocciolare numeri e statistiche impressionanti su questo giro d’affari e sui milioni di “vittime” che coinvolge, ha tirato giù il pesante velo di ipocrisia delle campagne educative e moralizzatrici programmate a livello governativo che risultano in palese contraddizione con la smania dello Stato, ormai incontrollabile, di far cassa con qualsiasi tipo di gioco. Sarà anche vero che migliaia di persone, se non milioni, sono predisposte ad attività compulsive come il gioco – anche per colpa di un bagaglio culturale limitato –, ma lasciare che le strade del nostro Paese assomiglino sempre di più a Las Vegas non si può certo considerare un bel segnale da dare ai propri cittadini.
Nemmeno più a far la coda alle poste si può star tranquilli, dato che quasi in ogni filiale si viene disturbati da addetti che tentano di vendere gratta e vinci…Senza poi contare tutte le altre innumerevoli possibilità di gioco sul web, in primis il poker e altri giochi da tavola in versione elettronica.
Tra l’altro, se proprio volessimo limitarci a ragionare in termini economici, i sempre più numerosi malati da gioco compulsivo stanno facendo aumentare sensibilmente la spesa pubblica del servizio nazionale sanitario per la loro cura ed assistenza.
Assolutamente da appoggiare, quindi, sono gli sforzi di quelle associazioni che, in ogni città italiana, stanno cercando di stilare una mappa di esercizi commerciali, in primis bar e cafè, che si rifiutano di ospitare slot machine, da premiare e promuovere in qualche modo.
Il libro che sinora ha esplorato, meglio di tutti gli altri, questa enorme piaga nazionale – destinata ad allargarsi nei prossimi anni – è sicuramente “Giochi Non Proibiti” di Imprimatur – nuovo marchio di Aliberti (www.alibertieditore.it) –, uscito poco prima della scadenza del 2012. I due autori, Emiliano Liuzzi ed Antonella Beccaria riescono, infatti, in meno di 200 pagine, ad offrirci una radiografia precisa ed esaustiva del circuito italiano delle scommesse legali, spesso però gestito e “truccato” dalla malavita. Ci dicono, innanzitutto, che in Italia si gioca sempre di più, ma non è certo una sorpresa. Anche perché la liberalizzazione delle scommesse, oltre alle slot machine e i gratta e vinci, ha moltiplicato esponenzialmente le opportunità di scommettere su ippica e sport. Se fino a qualche anno fa, infatti, il numero delle agenzie per le scommesse sportive era relativamente ristretto, adesso qualsiasi esercizio commerciale ha la possibilità di fornire questo “servizio”. Con la legalizzazione delle scommesse sportive del ‘98, in particolare sul calcio, – promossa anche per sconfiggere il fenomeno del totonero – la popolazione dei scommettitori si è accresciuta, improvvisamente, a dismisura: persone che non si sarebbero mai sognate di entrare in un’agenzia ippica, ne sono diventati degli assidui frequentatori illudendosi di far cassa grazie alla passione calcistica.
Come ci raccontano Liuzzi e Beccaria, il giro di affari del gioco d’azzardo nel 2011 ha superato i 79 miliardi di euro all’anno, in forte crescita rispetto ai 61 del 2010 e agli appena 16 del 2003. E, purtroppo, la crisi economica ha reso l’azzardo ancora più appetibile. La crisi internazionale, infatti, spinge sempre più persone a cercare una via rapida per i risolvere i problemi economici e il gioco d’azzardo le attira con l’illusione di facili vincite finendo per renderle poi dipendenti e provocando gravi problemi sociali, psicologici e famigliari. Un’analisi sulla dimensione del fenomeno, la normativa vigente, le tipologie del gioco e l’aumento delle patologie connesse, rivela uno scenario drammatico del nostro Paese, in merito al quale il ruolo dello Stato e delle istituzioni è oscuro e intriso di preoccupanti interessi. Dai casi più disperati a questioni di ordine pubblico, dalle pubblicità che incentivano il gioco alle figure che invece aiutano a difendersi dalla dipendenza, passando per un confronto con gli altri Paesi e le analogie con il fenomeno droga. Un libro che è destinato ad aprire gli occhi a molti, anche a quelli che tentano in tutti i modi di tenerli chiusi e di far finta di niente.
Ottimo è anche il più recente “Gioco d’azzardo. La società dello spreco e i suoi miti” di Mimesis (www.mimesisedizioni.it) che, coerentemente alla propria vocazione, punta ad una disamina filosofica, oltre che culturale. In questo libricino di 70 pagine, servendosi del contributo di studiosi e letterati, Gianluca Cozzo riesce a descrivere perfettamente come il meccanismo del gioco d’azzardo s’impadronisca dei giocatori, anima e corpo. Essi vivono praticamente una vita da automi: esseri senza una continuità storica vera e propria, esposti al mero caso e alla malia fatale della ripetizione. Per Mimesis e Cozzo è inevitabile il parallelismo con l’intero sistema sociale: “questo, a ben vedere, è anche il tempo ipnotico dei consumi, in cui l’ultimo richiamo della moda – con rinnovato appeal mediático – cerca di occultare il nostro essere inchiodati al demone del sempre-uguale (sempre lo stesso identico nuovo dell’ultimo prodotto immesso sul mercato)”. Tale mito raggelante è stato descritto magistralmente da Walter Benjamin, Philip K. Dick e Paul Auster; liberarci da esso ci porta inevitabilmente a un confronto serrato con il sogno osceno di benessere instillato dalla merce: dove persino uno shampoo promette la resurrezione.
Per chi, invece, vuole provare a guarire dalla malattia del gioco, proponiamo il bel “Primi Passi Fuori da…Il Gioco d’Azzardo”, anch’esso uscito nel 2012, grazie a San Paolo (www.edizionisanpaolo.it). 126 pagine, curate da Lisa Ustok e Joanna Hughes, rivolte anche alle famiglie che vogliono aiutare i propri cari a venirne fuori. Tramite la pianificazione di traguardi realistici, gesti pratici per modificare il comportamento e semplici consigli.
Oppure, sempre di San Paolo per il 2012, “Non è un Gioco. Conoscere e sconfiggere la Dipendenza da Gioco d’Azzardo” curato, in questo caso, da Cesare Guerreschi. 142 pagine ben scritte che abbracciano tutte le più comuni e diffuse forme di gioco: dai “gratta e vinci” alle slot machine, al poker online, ai casinò. Il volume si propone innanzitutto di cambiare un modo diffuso e comune di pensare: ossia che il gioco d’azzardo patologico sia solo un “brutto vizio” e non una vera e propria malattia.