Immaginiamo un giovane rampante che ha fatto carriera in un’impresa molto grande che oggi vive un momento di difficoltà. Lui è convinto che, se riuscisse ad ottenere subito la guida della società, potrebbe risollevarla e invertire il declino in atto, pertanto si attiva con tutte le sue forze in quella direzione. Tuttavia dalle nostre parti si arriva ai vertici per anzianità, diplomazia interna e soprattutto grazie agli sponsor giusti. Lui ha buone carte da giocare, ma è difficile che riesca a raggiungere in breve tempo il suo obbiettivo. Ha bisogno di tempo per diventare più maturo (non è un paese per giovani), coltivare e consolidare relazioni e sponsor e nel frattempo la società continuerà nel suo declino.
Lui può contare su parecchi simpatizzanti tra i clienti potenziali, che guarderebbero con interesse al cambio di rotta di cui è portatore, però i clienti non sono azionisti e non possono votare per sostenere la sua ascesa. Quelli che votano e soprattutto il management interno, che ha una sensibile influenza su chi vota, non vedono di buon occhio né il cambio di rotta, nè il rottamatore, al quale tocca pertanto aspettare.
Oppure andarsene, mettere su la sua startup dando prova di quanto è bravo e soddisfazione ai clienti che sono lì fuori ad aspettarlo. Soprattutto dimostrando che il management e il gruppo di controllo della impresa dove lavora si sbagliano. Voi che fareste? Lascereste una carriera più lenta, ma sicura, in una grande impresa, che se pure oggi arranca, non fallirà domani, per dimostrare che avete ragione voi? Vi esporreste al rischio?
Il giovane dell’esempio è ovviamente Matteo Renzi, che in tanti vorrebbero fuori dal PD. Tanti all’interno, per cui non è abbastanza di sinistra, troppo giovanile e soprattutto mette in discussione lo status quo di un partito a cui fa comodo la parte dell’eterno perdente, capace di resuscitare i propri avversari e risollevarli dalla polvere, ma soprattuto eterno incompreso dagli italiani e in parte dai suoi stessi elettori, che troppo spesso lo criticano,ma quasi mai lo puniscono alle urne.
Ma anche tanti all’esterno, quelli che disperano che il PD possa in qualche modo essere radicalmente riformato, quelli che a sinistra non voteranno mai, quelli che hanno capito che finché c’è il signor B, votare a destra significa fare gli interessi di una persona sola (e di quelli che da lui dipendono) piuttosto che di un qualche gruppo più o meno ampio di cittadini.
E’ molto probabile che tutte queste persone resteranno deluse, visto che il diretto interessato non sembra disposto a lasciare il partito e, se pensiamo per un attimo all’esempio precedente, si può anche capire perché.
Non possiamo sapere cosa sarà rimasto del PD quando verrà il turno di Renzi, ma non è dificile comprendere che preferisca non giocarsi lasciare il posto che ha assicurato per domani, rischiando l’avventura oggi.