Va’ pensieroLa violenza sessuale in zone di guerra, un dossier britannico sul tavolo del G8

Nel mondo, dovunque si combatte una guerra, si aggiunge la pratica aberrante della violenza sessuale. Nella maggior parte dei casi la violenza non è perpetrata da eserciti di occupazione bensì da ...

Nel mondo, dovunque si combatte una guerra, si aggiunge la pratica aberrante della violenza sessuale. Nella maggior parte dei casi la violenza non è perpetrata da eserciti di occupazione bensì da gruppi in conflitto tra loro, con la chiara intenzione di distruggere, degradare, umiliare e terrorizzare le opposte fazioni politiche, o interi gruppi etnici e religiosi.Una violenza che colpisce non solo le donne, ma sempre di più uomini e bambini.Se parla poco, ma succede. Sta succedendo nelle guerre africane di oggi e in Siria. Se ne parlò molto, in Europa, durante i conflitti etnici nella ex Jugoslavia. Si calcola che solo in Bosnia avvennero 50.000 stupri. In Rwanda se ne contarono almeno 400.000. Ma chi può esserne certo? Lo stupro subito non sempre si racconta o si denuncia. Per vergogna e paura, per l’orrore di rivivere un trauma fisico e psichico che le vittime si portano dentro per tutta la vita. In molte realtà lo stupro può costare anche l’emarginazione e l’esclusione da una comunità, soprattutto se la violenza sessuale determina una gravidanza. Come fa una donna a portare in grembo una creatura generata dal nemico?

Così la violenza sessuale nelle zone di conflitto raramente viene punita L’impunità è la regola.In Bosnia la giustizia finora ha condannato solo 30 uomini. Di fronte a questo scandalo va salutata con favore l’iniziativa adottata dal governo britannico. Il Regno Unito è infatti deciso a condannare il ricorso allo stupro come arma di guerra e ritiene che sia arrivato il momento di scuotere le coscienze dell’opinione pubblica internazionale e di unire le forze di tutti i Paesi, a partire da quelli del G8.

Si inserisce nell’ambito degli impegni per il mandato britannico di presidenza del G8 2013 l’iniziativa PSVI – Preventing Sexual Violence In Conflict Areas – lanciata dal Ministro degli esteri William Hague, il quale si è detto “costernato” per l’impunità degli stupri in Bosnia. L’iniziativa mira a sostituire la cultura dell’impunità con una cultura della consapevolezza e della deterrenza rispetto all’uso, in alcuni casi sistematico, della violenza sessuale come arma di guerra.

Presentata a Roma dall’Ambasciata del Regno Unito, l’iniziativa ha coinvolto l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), Roma Capitale (Dipartimento Pari Opportunità), l’associazione Se Non Ora Quando e di Avvocati Senza Frontiere. Ora il piano di intervento del governo britannico verrà posto all’attenzione dei Ministri degli Esteri del G8 che si riuniranno a Londra nei prossimi 10 e 11 aprile. C’è da augurarsi che non venga considerato un tema secondario.