Asia FilesA 38 anni dall’unificazione, il Vietnam è ancora diviso

Il 30 aprile 1975 Saigon smise di esistere. Parafrasando Tiziano Terzani, inviato nel Vietnam del Sud a seguire le ultime fasi della guerra che per oltre un decennio aveva devastato il paese dell'I...

Il 30 aprile 1975 Saigon smise di esistere. Parafrasando Tiziano Terzani, inviato nel Vietnam del Sud a seguire le ultime fasi della guerra che per oltre un decennio aveva devastato il paese dell’Indocina, Saigon era diventata un’altra città, Ho Chi Minh, e «lentamente, con pena e fatica, imparava, secondo le istruzioni date dalle nuove autorità e ripetute alla radio, ad essere una “città rivoluzionaria, civile, pulita, sana, gioiosa e felice, degna del grande nome dello zio Ho”».

In occasione del 38esimo anniversario della liberazione di Saigon, abbiamo incontrato un testimone di quel giorni.

«Della guerra non ho visto quasi nulla. Ero chiuso in casa, dalla paura dei bombardamenti nordvietnamiti. Un colpo aveva fatto crollare il soffito della mia stanza che stava proprio in Rue Pasteur a pochi passi dai comandi militari americani in Vietnam del Sud. Quel giorno, quando mi sono affacciato alla finestra ho visto dei carrarmati passare sotto casa. E poi un silenzio assoluto». Così racconta, di fronte a una platea di allievi dei licei veneziani, Michel Fournié, professore emerito di lingua e cultura vietnamita all’Institut National des Langues et Civilisations Orientales (INALCO) di Parigi e visiting professor all’università Ca’ Foscari di Venezia, che il 30 aprile di quasi 40 anni fa si trovava proprio nella capitale del Vietnam del Sud, assediata dalle forze nordvietnamite, per insegnare all’Università di Pedagogia e terminare il suo dottorato.

«Prima del 30 aprile in noi c’era la paura. Paura della guerra e della distruzione che i bombardamenti delle truppe comuniste avrebbero portato. Il giorno della liberazione ci fu un silenzio incredibile. Poi fu festa in tutto il paese».

Le truppe nordvietnamite avevano ottenuto una grande vittoria. La cavalletta aveva cacciato l’elefante, per usare una frase di Ho Chi Minh. E dopo anni di combattimento nelle foreste, sempre in clandestinità incontravano la civiltà occidentale. «I nordvietnamiti non avevano mai visto una televisione. Un soldato che incontrai – spiega Fournié – mi chiese perché avessi un orologio con la finestra. Non ne avevano mai visto uno con il piccolo oblò per i giorni».

Ritrovare l’unità era ciò che davvero importava. L’ultima volta che il Vietnam era stato unito, infatti, fu nel 1802 sotto l’imperatore Gia Long, sovrano originario del Sud, stabilendo la capitale a Hué, nel centro del paese. Ora, però, sarebbero stati i “nordisti” a dettare legge. Il Sud perse la guerra, ma, in cambio vinse la pace. «Le differenze tra Nord e Sud ancora oggi sono palesi, tanto che Saigon è diventata la meta preferita dai pensionati di Hanoi», scherza Fournié.

Poco dopo la liberazione, vennero avviate le politiche di costruzione di una nuova società su modello socialista, con la creazione dei comitati popolari, le collettivizzazioni e le persecuzioni contro i nemici del socialismo e il Vietnam entrò nell’orbita del blocco comunista. All’indomani dell’unificazione il Vietnam era un paese in ginocchio che faceva grande affidamento sulle sovvenzioni sovietiche e cinesi.

Fu solo un decennio più tardi con le politiche del doi moi, ovvero dell’ “aggiornamento”, o apertura al mercato, promosse dall’allora segretario del Partito comunista vietnamita Nguyen Van Linh. «L’aggiornamento sarebbe dovuto essere triplice: economico, socioculturale e politico, per arrivare infine a una sorta di democrazia», spiega Fournié a China Files. Nguyen non riuscì mai a portare a termine il suo progetto, e anzi fu cacciato dal potere, accusando i membri del suo stesso partito di sfruttare le masse per il proprio tornaconto.

Tornare al pensiero di Ho Chi Minh, questo era stato il credo di Nguyen fino all’ultimo. Un discorso tornato d’attualità di recente, attraverso campagne pubbliche di riscoperta della filosofia dello “Zio Ho”. Un esperimento che sembra voler celare la corruzione dilagante all’interno della classe dirigente vietnamita.

Il Vietnam è oggi un paese in continuo fermento, che cresce a ritmi frenetici anche grazie a una popolazione giovanissima, ma ancora diviso al suo interno. «In fin dei conti quella del Vietnam fu un’unificazione de facto, realizzata per il profitto di una sola parte: l’establishment di Hanoi». E anche se ai nordvietnamiti, va riconosciuto il merito, liberando Saigon quel 30 aprile 1975, di essere riusciti a realizzare il desiderio di libertà di un popolo per secoli diviso, l’unità non è ancora una realtà. Ma solo un dato ufficiale.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter