From Paris with blogCannes 2013: Ozon e Polanski sono davvero misogini?

«Secondo Ozon: tutte puttane. Secondo Polanski: tutte dei maschiacci. Impariamo cose nuove a Cannes... !». Ecco un tweet (tra i tanti) che riassume abilmente il senso delle polemiche che in questi ...

«Secondo Ozon: tutte puttane. Secondo Polanski: tutte dei maschiacci. Impariamo cose nuove a Cannes… !». Ecco un tweet (tra i tanti) che riassume abilmente il senso delle polemiche che in questi giorni hanno infiammato la Croisette e messo all’indice due dei suoi protagonisti. Chi di loro, a poche ore dall’annuncio dei vincitori del festival di Cannes 2013, «si aggiudicherà la Palma d’oro della misoginia?», scrive il quotidiano Le Figaro.

Ad aprire le danze è stato il regista francese François Ozon, peraltro da sempre attento osservatore dell’universo femminile (ricordate “Otto donne e un mistero”?), che quest’anno porta al festival il suo “Jeune et jolie” (Giovane e bella). Il film racconta la storia di un’affascinante diciassettenne (impersonata dalla splendida Marine Vacth) che decide di scoprire i segreti del piacere cominciando a prostituirsi. Durante un’intervista rilasciata ai giornalisti di Hollywood Reporter, Ozon avrebbe dichiarato che «tutte le donne hanno il segreto desiderio di prostituirsi». Poi avrebbe precisato: «Ciò non significa che tutte le donne lo facciano, ma il fatto di essere pagate per avere delle relazioni sessuali è un evidenza innegabile della sessualità femminile». La bufera di commenti a seguito di queste dichiarazioni avrebbero quindi costretto il regista a scusarsi e a dire di essere stato frainteso: lui in realtà si riferiva esclusivamente alla protagonista del suo film. Sì, come no. Ora mi chiedo: ma come è possibile che non si possa essere liberi di esprimere la propria opinione? Cosa ha spinto un artista di successo a giustificarsi in un modo così ridicolo, solo perché il suo parere ha osato “scandalizzare” l’opinione pubblica e il popolo del web? E tra l’altro: c’erano davvero gli estremi per una polemica così ampia?

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Come se non bastasse, poche ore fa, è stato Roman Polanski a rincarare la dose. Il regista franco-polacco porta a Cannes il già applauditissimo “La Vénus à la fourrure” (Venere in pelliccia), adattamento cinematografico della pièce teatrale di David Ives, a sua volta basata sul romanzo dello scrittore austriaco Sacher Masoch. Come nel precedente “Carnage“, il film si svolge interamente in un solo luogo, in questo caso un teatro, durante i provini di una pièce ispirata al testo di Masoch. I personaggi sono solo due: il regista teatrale Thomas (interpretato da Mathieu Almaric) e l’aspirante protagonista dello spettacolo Vanda (interpretata da Emmanuelle Seigner, compagna di vita di Polanski). In un primo momento ritenuta troppo ignorante e volgare per interpretare il ruolo di una sadica, Vanda dimostra, invece, di essere una perfetta dominatrice.

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Seppure il soggetto non fosse tra i più innocui, non è stato il film a scandalizzare, bensì le dichiarazioni di Polanski, secondo cui la pillola sarebbe responsabile di una «mascolinizzazione» delle donne. Secondo il regista, inoltre, l’uguaglianza tra i sessi, altre ad essere una cosa «assolutamente idiota», «elimina il romanticismo dalle nostre vite». Scandalo. Fuori e dentro i social network.

Fermo restando che queste dichiarazioni al vetriolo potrebbero essere state solo uno slogan pubblicitario, mi preoccupa vedere l’arte e gli artisti sempre più schiavi del politicamente corretto, e le opinioni stigmatizzate con rabbia quasi fossero dei crimini.

Comunque sia, i due film erano e restano tra i favoriti per la vittoria finale. Un successo che, quolora dovesse arrivare, nascerebbe già sotto una cattiva stella.

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