Failcaffè#Noncivaluteretemai

Puntuale come l’ustione dopo la prima giornata di mare, anche quest’anno è arrivato lo sciopero degli insegnanti contro gli odiati test INVALSI, considerati il male assoluto dalla larghissima maggi...

Puntuale come l’ustione dopo la prima giornata di mare, anche quest’anno è arrivato lo sciopero degli insegnanti contro gli odiati test INVALSI, considerati il male assoluto dalla larghissima maggioranza di docenti, e, cosa ben più grave, studenti, comparse, in buona fede, dello stesso film che va in onda da parecchi anni: “Non ci faremo valutare” (grande successo per tutto lo stivale, particolarmente apprezzato in ambienti sindacali).

Intanto, come si configura il temuto test: due prove, una di matematica, l’altra di italiano, cui sono sottoposti studenti delle scuole elementari, medie, e, a campione, superiori; strutturato in domande a risposta multipla (una sola risposta corretta), uguali per tutto il territorio nazionale.

La levata di scudi si basa, almeno pubblicamente, sull’erroneità del metodo valutativo, che non terrebbe in debito conto le differenze socio-culturali tra Nord e Sud, tra scuole del centro e della periferia e via discorrendo, il tutto ben condito da una serie retorica di belle parole quali “pensare che si possa valutare le scuole sottoponendo ai ragazzi domande acritiche piene di X”, “non si ragiona sulle competenze che si danno ai ragazzi, come la coscienza critica, ma si vuole promuovere un sistema di valutazione nozionistico utile solo a creare classifiche sterili”.

Critiche che potrebbero anche essere condivisibili (tutto è perfettibile, ci mancherebbe altro), ma, come insegnava con caustico cinismo un vecchio politico, che si poteva accusare di tutto, ma non di scarsa intelligenza: “a pensar male si fa peccato, ma spesso si azzecca”. Indi per cui mi sono chiesto: cui prodest?

Chi è che si avvantaggia del sistematico boicottaggio di ogni tipo di valutazione? Chi ne ha paura? Per chi, lo status quo, è l’humus ideale in cui perpetuare, tranquillamente, la propria condotta?

La risposta, almeno a me, sembra abbastanza scontata, e va cercata in quell’ambiente dove il conservatorismo di sinistra è dominus et deus: il sindacato.

È ormai acclarato che le organizzazioni rappresentative dei lavoratori siano nemiche giurate del merito, difendendo tutti i propri iscritti, a prescindere da come svolgano il proprio lavoro (il che può anche avere un senso logico, ciò non toglie che implichi pure alcune conseguenze poco “utili” per tutti gli altri, a partire dall’assenza di incentivo a far meglio, ma potrei dilungarmi oltre); ciò che mi spaventa, però, è la manipolazione ideologica che scientificamente mettono in atto, portando dalla propria parte proprio chi, dalla valutazione, ha tutto da guadagnare e niente da perdere: gli studenti, e i genitori.

Il termine manipolazione ideologica può sembrare un po’ forte, ma credo sia quello più corretto per definire quest’operazione scientifica, a supporto della mia “teoria” qui, e qui ci sono delle prove INVALSI, che, a sentir i paladini del diritto allo studio, dovrebbero valutare in maniera non oggettiva gli studenti, ed i vari contesti culturali, a suon di analisi del testo ed analisi logica (quella dove si individua il complemento oggetto, di specificazione…), ed espressioni del tipo: 3/2 x ½ +1.

Personalmente, non credo che il fatto di esser nato ad Ostuni, piuttosto che a Varese, possa essere giustificazione del non saper individuare un complemento oggetto; che io sappia, l’analisi logica si studia anche al Sud, o nelle periferie delle grandi città, il resto è pura propaganda.

Peraltro il test, oltre a garantire un confronto a livello nazionale o comunque macro (il dato aggregato è comunque la base per qualsiasi discussione seria su come migliorare la scuola), permette di osservare i risultati dello stesso istituto, degli stessi professori, di anno in anno, e di sapere se la situazione è migliorata o meno, e di quanto, se è migliorata in maniera più significativa in questo o quell’istituto, e cos’è stato fatto in concreto (condivisione delle best practices); per di più credo che a nessuno sfugga che un miglioramento in una scuola di Scampia valga più dello stesso miglioramento in una dei Parioli, ogni ragionamento diverso presuppone la mala fede, mala fede che credo ci sia, ma da tutt’altra parte.

Ovviamente sono pronto a rimangiarmi dalla prima all’ultima parola quanto scritto, ma solo nel momento in cui i sindacati, o chi per loro, invece del solito effluvio di parole su un “nuovo modello di scuola non improntato esclusivamente sull’apprendimento della nozione, ma che sviluppi senso critico, condivisione dei saperi …” e su “una valutazione che tenga conto delle differenze culturali e socio-economiche, dello sviluppo dell’individuo e delle proprie attitudini e nella sua complessità”, un sistema di valutazione alternativo lo proporranno sul serio.

Tuttavia, sono scettico.

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