Nessuno ne parla. Ma l’elezione di Enzo Bianco a sindaco di Catania non è affatto confrontabile con quella dell’anno scorso di Leoluca Orlando. Perché Orlando, o come lo chiamano a Palermo “U sinnacollando”, ha condotto la campagna elettorale da solo: senza il Pd, senza l’Udc degli “amici” palermitani di Totò Cuffaro, e, sopratutto, senza l’aiuto di Raffaele Lombardo.
Chi ha vissuto la campagna elettorale palermitana dello scorso anno, sa benissimo che Orlando era dato per “morto”. A due settimane dal primo turno Fabrizio Ferrandelli, vincitore delle primarie per il centrosinistra, veniva dato per favorito. Al quartier generale di Via Bentivegna, sede regionale dei democratici, si mostravano tutti sicuri di vincere. Anche perché a quel tempo il Pd siciliano sosteneva all’Ars la maggioranza “variabile” di Raffaele Lombardo. E secondo fonti accreditate che circolavano in città, sottobanco il governatore di Granmichele avrebbe sguinzagliato i suoi uomini palermitani per far vincere Ferrandelli. Ma Orlando sfiorò la vittoria al primo turno, e al secondo turno strapazzò il candidato dell’asse Lumia-Cracolici-Lombardo.
Altra storia le elezione di Enzo Bianco dell’altro ieri. Il pupillo di Ugo La Malfa, che nel 1988 ricevette la benedizione anche di Marco Pannella, è stato eletto al primo turno grazie al sostegno di una coalizione “larga”, che raccoglie al suo interno “moderati e progressisti”. Fin qui nulla di scandaloso. Ma sono i soggetti che hanno sostenuto Bianco a meritare una riflessione. Una riflessione doverosa che dovrebbe svolgere anche il vertice del Partito democratico. L’ex sindaco della “primavera di Catania” è stato appoggiato da una lista civica che si chiama “Art.4”. Una lista che ai più non dirà nulla, ma è stata ideata da Lino Leanza. Il quale lo ricordiamo per esser stato il vice Presidente della Regione di Totò Cuffaro, per un periodo il braccio di destro di Raffaele Lombardo, e, oggi, guarda un po’, il sostenitore di Enzo Bianco. Mai e poi mai avremmo pensato di ritrovare l’ex Ministro dell’Interno nella stessa compagine dell’ex cuffariano Leanza. Ma non è finita. A condire la coalizione di Bianco ci sono personaggi del calibro di Luca Sammartino, Marco Forzese, Giovanni Pistorio, Nicola D’Agostino. Tutti figli della tradizione lombardian-cuffariana, oggi big sponsor di uno dei fondatori della Margherita.
Sembra quasi che il sistema di potere, che per diversi anni ha gestito Catania e dintorni, abbia cambiato rotta e seguito uno dei principi del doroteo Toni Bisaglia: «State sempre in maggioranza». Ed Enzo Bianco non ha fatto nulla per fermare il cambio di rotta degli ultimi eredi della tradizione democristiana. Anzi, ansioso di tornare alla ribalta ha persino risposto ai microfoni di Radio Radicale: «Sia chiaro, senza questi voti non si vince». Semplice. Ecco perché la vittoria di Bianco, al netto della nostalgia che sorge spontanea, non ha nulla a che vedere con il vittorioso ritorno di Leoluca Orlando.
Twitter: @GiuseppeFalci