La nostalgia fa brutti scherzi. Soprattutto quando non si vince da trent’anni. Già, perché è datata 1983 l’ultima vittoria di un francese al Roland-Garros, quando a trionfare fu il mito Yannick Noah. Oggi sulla terra rossa di Parigi c’è Jo-Wilfried Tsonga e i paragoni tra i due, dopo la vittoria in tre set contro Roger Federer, sono all’ordine del giorno.
Il settimanale francese Le Nouvel Observateur, per esempio, si diverte ad analizzare i punti in comune tra i due tennisti transalpini. Tanto per cominciare, la testa di serie: entrambi n.6; e poi ci sono l’aggressività del gioco – a quanto pare l’espressione “rullo compressore” sarebbe stata utilizzata spesso per entrambi, – un fisico eccezionale e un percorso piuttosto relax senza concedere neanche un set agli avversari nei primi quattro turni del torneo. In più, entrambi hanno incontrato (e sconfitto) un grande giocatore ai quarti: il già citato Federer per Tsonga e Ivan Lendl per Noah.
È lo stesso settimanale ad ammettere che probabilmente i punti in comune tra i due campioni ci sono soprattutto perchè i giornalisti fanno di tutto per cercarli. E magari facendolo mettono anche in difficoltà il diretto interessato: «Non mi fa né caldo né freddo – ha risposto Tsonga ai giornalisti che gli chiedevano come si sentisse ad essere paragonato a Noah, – perché ho voglia di scrivere la mia storia», non quella di un altro.
Così, per onor di cronaca, Le Nouvel Observateur cita anche le caratteristiche che allontano i due sportivi. A cominciare dallo stile di gioco. Mentre Noah era un attaccante puro che adorava scendere a rete e giocare di volée, Tsonga sembra essere più a suo agio a fondo campo, forte di un dritto spaventoso e di un altrettanto potente rovescio a due mani. Risulterebbe inoltre impossibile mettere i due sullo stesso piano dal punto di vista umano: Noah, già prima di diventare un cantante di successo, «era un’artista, un festaiolo, spesso sarcastico e provocatore», mentre Tsonga ha dato ampiamente prova di non cedere mai agli eccessi e di tenere sotto controllo la comunicazione con la stampa con il suo fare calmo e discreto. In più c’è una differenza d’età: Yannick aveva solo 23 anni, mentre Jo-Wilfried ne ha già 28. Insomma, erano altri tempi.
Questa storia mi ricorda molto un aneddoto legato alla Formula 1, sport che mi appassionava molto quando ero ragazzino. Parlo della seconda metà degli anni novanta, un periodo in cui il Brasile, che piangeva ancora la morte del suo eroe Ayrton Senna, esaltava ogni anno, in occasione del Gran Premio casalingo, il povero connazionale Rubens Barrichello, annientato sistematicamente dal fardello di un confronto troppo ambizioso per i suoi modesti mezzi. Ecco, oggi, dopo aver letto che durante la partita contro Federer uno spettatore ha gridato dagli spalti del Roland-Garros «Allez Yannick», mi ripeto: la nostalgia fa brutti scherzi! Anche perché c’è un’altra differenza tra le storie dei due campioni francesi: Noah nell’83 dovette incontrare in semifinale un certo Roger-Vasselin; a Tsonga toccherà un “certo” David Ferrer.
Staremo a vedere…