Il mantra della crescita comincia a produrre i primi risultati. Per il momento si tratta di dichiarazioni, autorevoli, ma sempre dichiarazioni. Da ultimo spicca la proposta, con il consueto corredo di rettifiche, del neo-ministro dello Sviluppo Economico, Zanonato.
In sintesi, per il Ministro il sabato gli esercizi commerciali dovrebbero restare chiusi. Perché? Per il semplice motivo, dice Zanonato, che il sabato è dedicato ai barbecue, alle scampagnate, al relax e via discorrendo. Per carità, la prima obiezione, banale, è che le salsicce e le birre, o un libro da leggere, dobbiamo pure comprarli, quindi un qualche negozio aperto male non farebbe. All’obiezione banale si può rispondere con la rettifica del Ministro: però dovremmo valutare l’opportunità di consentire ai negozi di tenere aperto 24 ore al giorno.
Ora, non abbiamo intenzione di prendercela subito con il neo-Ministro. Ma siccome questi è deputato a sovraintendere lo sviluppo economico di questo paese, meglio dedicargli qualche suggerimento.
In un libricino di discreto successo, edito nello stesso anno della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, un signore scozzese ricordava, ai suoi lettori ed auspicabilmente ai futuri ministri degli sviluppi economici, come fosse «evidente che ognuno, nella sua condizione locale, può giudicare molto meglio di qualsiasi uomo di Stato o legislatore quale sia la specie di industria interna che il suo capitale può impiegare […]. L’uomo di Stato che dovesse cercare di indirizzare i privati relativamente al modo in cui dovrebbero impiegare i loro capitali non soltanto si addosserebbe una cura non necessaria, ma assumerebbe un’autorità che non si potrebbe affidare tranquillamente non solo a una singola persona, ma a nessun consiglio o senato, e che in nessun luogo potrebbe essere più pericolosa che nelle mani di un uomo tanto folle e presuntuoso da ritenersi capace di esercitarla» (A. Smith, La ricchezza delle Nazioni).
Sia chiaro, non pensiamo che il Ministro sia un folle. Ma che rischi di armeggiare, da Ministro, una qualche forma di pericolosa presunzione, possiamo sospettarlo.
Non si tratta, per il vero, di una presunzione personale, per carità di patria, e di Ministro.
Ma di una ricorrente presunzione diffusa nelle scienze sociali.
Dalla sua innocente dichiarazione, infatti, pare di comprendere che il buon Zanonato sia aggiornato sui passatempi e gli svaghi di circa sessanta milioni di italiani, cifra più cifra meno.
Non vogliamo mettergli il bastone tra le ruote, ma ci corre l’obbligo di avvisarlo che, ahinoi, il più delle volte il sabato non lo destiniamo affatto ai barbecue. Siccome non vogliamo passare per presuntuosi noi, illudendoci che al Ministro interessi sapere cosa ci garba fare di sabato, la nostra obiezione vale solo per far comprendere come sia profondamente sbagliato illudersi (e le illusioni sono una delle tante epifanie della presunzione) che le scelte pubbliche possano essere determinate aggregando, in un insieme informe, una qualche categoria (i lavoratori, una classe, e così via).
In realtà, infatti, sono gli individui che quotidianamente pensano, ragionano, agiscono, e se vogliamo – come avvertiva il vecchio Popper – mettere a fuoco una qualche teoria sociale (e perdoni, caro Ministro, ma a Lei una qualche teoria sociale deve necessariamente far comodo), questa, per evitare le presunzioni, deve prender atto che esistono gli uomini, in carne ed ossa, i quali agiscono in base alle loro idee (che possono far loro preferire il ristorante al barbecue, o il sabato per fare le compere).
Non vi è alcuna ragione per cui un qualche individuo non possa avere il bisogno di radersi o di tagliarsi i capelli il lunedì, anche se, di norma, i lunedì i barbieri tengono le serrande chiuse!
Non vi è alcun motivo, ragionevole, per dover imporre le chiusure dei negozi la domenica, o il mercoledì, o in qualche altro giorno settimanale. A meno che non si dimostri, e l’onere della prova è a carico dei nostri avversari, che la domenica, o il mercoledì o negli altri giorni della settimana, non si abbia bisogno di un lampadina perché improvvisamente salta quella in uso, o non si rompa una lavatrice, una caldaia, o qualche altro indispensabile elettrodomestico.
Il ritenere, come troppo spesso si sente dire o si legge, che una legislazione in materia di chiusure obbligatorie degli esercizi commerciali sia necessaria per garantire l’integrità dei centri urbani o, persino, l’integrità (economica) dei commercianti più piccoli, è argomento buono per il museo degli orrori economici.
Se desideriamo comprare un semplice sapone, possiamo limitarci ad acquistarlo nel negozio che lo vende al prezzo più basso, dopo averne verificato capillarmente i prezzi. Se ci vogliamo evitare simile incomodo, possiamo entrare nella prima profumeria sotto casa e pagarlo qualsiasi prezzo, e la differenza la giustificheremo, a seconda, col fatto che abbiamo risparmiato tempo, che la fragranza e qualità eran migliori, o altro. Se poi, infine, vogliamo, con l’acquistare il sapone, beneficiare una qualche buona causa, liberi di spender di più per un simile, e nobile, motivo.
Insomma, e per farla breve, se si vuole favorire lo sviluppo economico, la regola aurea dovrebbe essere la seguente: eliminare ogni limitazione ad orari di apertura, ai contingentamenti delle tipologie merceologiche, alle localizzazioni degli esercizi, lasciare ciascun esercente libero di scegliere se vuole tenere bottega aperta di notte, di giorno, al sabato, alla domenica o in altro dì di festa. Questi sceglierà sulla base delle proprie valutazioni, cercando di guadagnarsi una qualche clientela. E’ il rischio di impresa, bellezza!
E ci si risparmi, per carità, l’interesse per come e quando vogliamo spendere il tanto o poco tempo libero a disposizione. Almeno fino a quando i nostri avversari non avranno al punto trionfato da istituire persino il Ministero del Tempo Libero.