Dal prossimo 1 novembre Massimo Omeri non sarà più uno degli allenatori della Nazionale italiana di scherma. Si trasferirà a Hong Kong, dove è stato ingaggiato dalla locale Federazione schermistica come responsabile delle nazionali per 2 cicli olimpici, cioè per una prospettiva temporale che arriva fino all’Olimpiade di Tokyo 2020.
Per l’Italia è una perdita importante. Omeri è stato uno dei costruttori del fenomeno Giovanna Trillini nel fioretto femminile (8 medaglie Olimpiche di cui 4 d’oro e 19 medaglie Mondiali, di cui 9 d’oro, a partire dal 1991 – qui i dati sulla Wikipedia) e Andrea Cassarà nel fioretto maschile (3 medaglie Olimpiche di cui 2 d’oro e 9 medaglie Mondiali, di cui 5 d’oro, a partire dal 2003 – qui la pagina della Wikipedia).
Nonostante i suoi risultati, qui da noi Omeri a 48 anni d’età era di fatto un lavoratore precario. A Hong Kong lo hanno ingaggiato come professionista.
Del caso Omeri ha scritto, tra gli altri, Gian Paolo Laffranchi su La Gazzetta dello Sport dello scorso 16 ottobre, segnalando che, per il momento, Omeri raggiungerà il nuovo posto di lavoro da solo, lasciando a Brescia la moglie e due figli in età scolare. Un sacrificio momentaneo, compiuto proprio nella prospettiva di costruire qualcosa di solido per il futuro della propria famiglia: «A 48 anni non avevo niente di solido. A Hong Kong costruirò le basi di un movimento che vuole affermarsi nel mondo» ha detto alla Gazza.
Il quadro lavorativo delineato da Omeri qui in Italia è sconfortante. In pratica, esistono due livelli di allenatori sportivi: quelli che lavorano per corpi sportivi militari, e quelli civili. I militari hanno uno stipendio sicuro, per cui quando vengono convocati per stage fuori sede possono permettersi di chiedere poco o niente come rimborso alle Federazioni sportive; i civili sono perlopiù inquadrati con contratti temporanei, che dipendono dalla salute (precaria di questi tempi) delle società. Succede così che, quando le Federazioni organizzano i raduni, tendono a non convocare i civili per risparmiare sui costi – e quindi fare l’allenatore, anche se si hanno alle spalle tonnellate di trofei vinti, non è considerato un lavoro serio, che si possa fare a livello professionistico.
Qui in Italia, perlomeno.
All’estero, quando perdono le gare, si guardano in giro per cercare dove sono gli allenatori migliori – e li ingaggiano con contratti da professionisti.