Nel mirinoNon è un paese per la fotografia: la chiusura di Forma

Chiude Spazio Forma. L'epicentro milanese per la fotografia contemporanea, sede di mostre di livello internazionale oltre che di workshop e convegni, è costretto a recedere dal contratto di locazi...

Chiude Spazio Forma. L’epicentro milanese per la fotografia contemporanea, sede di mostre di livello internazionale oltre che di workshop e convegni, è costretto a recedere dal contratto di locazione degli spazi presso ATM. Fondazione Forma si era fatta carico della ristrutturazione e aveva chiesto al Comune – senza successo – i locali in comodato.

Ieri è stato un giorno triste per la fotografia italiana e per l’arte in generale.

La Fondazione Forma, infatti, da gennaio 2014 non avrà più la sua sede milanese in Piazza piazza Tito Lucrezio Caro 1.

Un paio di giorni fa ho ricevuto una telefonata dagli amici di Forma che mi chiedevano di andare alla conferenza stampa in cui avrebbero parlato di come Forma sarebbe presto cambiata: quella telefonata è suonata come un campanello di allarme, era ovvio che non si sarebbe trattato della solita conferenza stampa per annunciare qualche mostra corrente o futura.

E infatti ciò che è stato annunciato è che Forma perderà la sua sede, l’edificio degli ex-uffici ATM ricevuto in rovina ormai dieci anni fa e ristrutturato con cura.

Roberto Koch presidente di Contrasto e di Forma, ha dichiarato che “Forma come entità non scomparirà, si dedicherà alla valorizzazione degli archivi della grande fotografia italiana, iniziando dalle immagine di Gianni Berengo Gardin (presente in sala), e per farlo avrà a disposizione gli spazi gentilmente messi a disposizione da Open Care (gli ex Frigoriferi Milanesi), promette di continuare la sua attività organizzando mostre, incontri ma non più in un unico luogo deputato”.

Da Forma in questi 10 anni sono passate mezzo milione di persone, sono state ospitate più di 80 mostre – da Richard Avedon a Henri Cartier- Bresson, da Mario Giacomelli a Josef Koudelka, da Peter Lindbergh a Antoine d’Agata – e ancora convegni, workshop, incontri: Forma era IL LUOGO della fotografia.

Errori ce ne sono stati, sì certo, e spesso sono stata anche io a criticarli apertamente, ma come si può criticare qualcuno che si stima: con l’obiettivo di crescere insieme. 

Io sono cresciuta insieme a Forma, e vedere oggi chi critica la loro gestione mi dà molta amarezza, proprio adesso che dovremmo essere uniti nel cercare di trovare una soluzione perché Forma possa restare nella sua sede. D’altronde è una peculiarità tutta italiana, quella per cui sommando tante piccole invidie finiamo per distruggere qualsiasi cosa.

Ho fiducia nelle capacità di Roberto Koch e del suo staff, e sono certa che continueranno con la loro attività la stessa passione, ma l’immagine che ho è quella di una mutilazione, un cervello che non più un corpo, un software senza l’hardware, la sensazione di straniamento che ti dà la perdita di un luogo dove tornare.

La mancanza di una sede fisica ci rende tutti un po’ orfani, e depotenzia la missione portata avanti dalla fondazione, che non era solamente di aggregatore di mostre e iniziative, ma anche dell’aver creato un luogo di ritrovo in cui era possibile incontrare e confrontarsi con persone affini.

Scrissi tempo fa che la fotografia è giornalismo, ma i quotidiani italiani non se ne sono ancora accorti; ecco oggi aggiungo che la fotografia è arte, è cultura, e le nostre istituzioni non se ne sono ancora accorte.

Il divario fra Istituzioni, media e pubblico sembra sempre più incolmabile rispetto alla fotografia, non riesco davvero a comprendere come sia possibile che in Italia abbiamo una scuola di fotografia fortissima, i nostri fotografi sono stimati e riconosciuti a livello internazionale, il pubblico affolla le mostre, io stessa ricevo migliaia di feedback per ogni mia intervista ai maestri dell’obbiettivo – insomma l’interesse c’è, ed è forte – e poi lasciamo che chiuda uno spazio come Forma? Non mettiamo il credito ai fotografi nei quotidiani? Ma com’è possibile? Non me ne capacito.

Voglio citare le parole di Roberto Koch, pronunciate in conferenza stampa: 

“Dalla nuova Giunta di Milano avevamo grandi aspettative per la cultura, purtroppo disattese. Abbiamo sensibilizzato e incontrato molte delle personalità della città, dagli assessori alla cultura, prima Boeri e poi Del Corno, il Gabinetto del Sindaco, gli assessori Majorino, Maran e altri, ma dobbiamo purtroppo registrare una complessiva indifferenza sul progetto. Una iniziativa privata, con vocazione pubblica, accompagnata da un investimento per la cultura fotografica che nel corso di questi anni ha superato i 5 milioni di Euro, avrebbe dovuto essere ascoltata con maggiore attenzione. Sappiamo bene che le casse del Comune non sono in condizione di poter spendere, ma quello che abbiamo sempre chiesto era essenzialmente un riconoscimento pubblico della importanza del progetto e una diversa modalità di utilizzazione del palazzo (in comodato e non in affitto come è sempre stato) di proprietà dell’Atm e quindi del Comune, su cui abbiamo realizzato una grande rivalutazione patrimoniale, dandogli una nuova vita e un nuovo senso. Si continua a dichiarare che la cultura deve essere al centro dei programmi politici, ma nei fatti si continua a disattendere i progetti più significativi.”

La reazione dell’Assessore Del Corno è stata immediata:

“Dispiace che Forma abbia disdetto contratto. Milano perde spazio importante. Con Comune molti progetti in cantiere”

Milano, 17 ottobre 2013 – Con riferimento alla chiusura di SpazioForma – spazio espositivo della Fondazione Forma, l’Ufficio stampa del Comune di Milano precisa che le scelte di un soggetto privato, che ha peraltro sempre rivendicato orgogliosamente la propria autonomia progettuale e gestionale, non possono in alcun modo essere imputate a supposti mancati interventi da parte del Comune o di altri enti pubblici milanesi. Il Comune collabora costantemente con gli operatori milanesi, sia pubblici che privati, e proprio con Forma ha già condiviso un progetto che si realizzerà nel prossimo mese di novembre all’interno del programma di Bookcity, oltre ad altri già in cantiere, che abitano spazi espositivi del Comune.
“Ci dispiace – ha aggiunto l’assessore alla Cultura – che Forma abbia disdetto il contratto di affitto sottoscritto con Atm, perché in questo modo Milano perde uno spazio espositivo importante, che era diventato uno dei punti di riferimento per la fotografia in città”.

Koch risponde così:

“Dispiace a Forma di non poter proseguire una attività di rilievo per la fotografia italiana e internazionale a Milano”

Con riferimento alle dichiarazioni dell’Assessore Filippo Del Corno, Roberto Koch, Presidente della Fondazione Forma, conferma quanto dichiarato in conferenza stampa. La attività di Forma è sempre stata impostata con vocazione pubblica. Aver portato in oltre 8 anni le grandi mostre di fotografia a Milano è stata una scelta di forte interesse e passione per la città di Milano e per l’Italia. Dispiace a noi che il Comune di Milano e le altre istituzioni della città non ne abbiano saputo cogliere l’importanza. Forma è stato in questi anni l’unico luogo dedicato alla fotografia del nostro paese, ha collaborato con reciproco apprezzamento con le più importanti realtà analoghe europee con cui ha coprodotto mostre e continuerà la sua azione nei prossimi anni. Solo che dalle autorità cittadine e della Regione non è venuto mai in nessun momento il giusto riconoscimento della importanza del luogo. Ristrutturare un immobile di proprietà dell’ATM, renderlo agibile e funzionale secondo parametri espositivi di eccellenza internazionale, portare qui a Milano i grandi protagonisti della fotografia mondiale è stata una scelta di passione e di forte interesse per la città e per l’Italia, una scelta che avrebbe meritato un diverso apprezzamento. La ristrutturazione dell’immobile da noi operata è molto superiore alla richiesta, fatta nel corso degli ultimi due anni, soprattutto dopo l’avvento della giunta Pisapia, di poter avere un utilizzo in comodato gratuito dello spazio, e non in affitto oneroso come da contratto. Dal 2005 ad oggi abbiamo dialogato con tre diversi Presidenti della ATM, e con 4 diversi assessori alla cultura del Comune, riscontrando di fatto indifferenza ai nostri problemi, considerati – come conferma oggi l’Assessore Del Corno – come difficoltà di privati e non di interesse pubblico. La Fondazione Forma prosegue le proprie attività. Pubblicamente – durante gli incontri di fotografia organizzati dall’Assessorato – ho avuto modo di raccontare in dettaglio i nostri progetti, avvertendo che in caso di indifferenza, saremmo stati costretti a spostare in altri luoghi parte della nostra attività. Se non è interesse della città di Milano preservare per il proprio territorio una realtà unica, viva e importante come lo spazio espositivo di Forma che lì agisce, non possiamo che prenderne atto”.

Io mi chiedo quindi cosa possiamo fare tutti noi, me lo chiedo e lo chiedo a voi, perché non possiamo lasciare che questo accada in sordina, senza muovere un dito. Ho avuto un brivido nel leggere dalla dichiarazione di Del Corno (riferito a Forma) “un soggetto privato, che ha peraltro sempre rivendicato orgogliosamente la propria autonomia progettuale e gestionale”: ma cosa vuol dire? Che per essere aiutati avrebbero dovuto rinunciare alla loro autonomia progettuale e gestionale? E per darla a chi? Qualche cugino, fratello, amico? Se ci sono delle eccellenze è necessario metterle nella condizione di riuscire a lavorare, sostenerle. 

Voglio citare una frase di Marco Pratellesi, che su l’Espresso parla di un’altra eccellenza italiana costretta a chiudere, il festival del giornalismo di Perugia:

“C’è una cosa che questo Paese non perdona: il successo. Soprattutto quando è legato al merito. Se poi fai capire che lavorando ti diverti pure, sei spacciato. Si elargiscono finanziamenti a pioggia, nel migliore dei casi. Di solito invece finiscono agli amici, alle lobby, alle cordate di partito che garantiscono un ritorno in termini di potere e di voti. Ma premiare le idee, la qualità, il coraggio è sempre stato indigesto alle nostre istituzioni”.

E mi chiedo perché questa frase, che dovrebbe essere relativa a un caso specifico, in Italia diventa universalmente applicabile? 

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