Un cortile di Milano visto con gli occhi del portiereTravestiti

Il mio vagare nella notte fa una pausa, mi fermo a Città Studi. Tra poco arriveranno. Il traffico sarà meno intenso, le macchine percorreranno le strade più lentamente. Sono quasi le undici di sera...

Il mio vagare nella notte fa una pausa, mi fermo a Città Studi. Tra poco arriveranno. Il traffico sarà meno intenso, le macchine percorreranno le strade più lentamente. Sono quasi le undici di sera e, come sempre, Milano si accinge a cambiare di scena. Succede in tutta la città, ma in due o tre zone il mutamento è più evidente. E’ lì che ancora resistono gli ultimi travestiti italiani. Un piccolo e in qualche modo scalcagnato esercito che ogni notte cerca di contrastare l’armata dei viados. Intanto il vociare, il rumore di tacchi, i dialoghi urlati da un marciapiede all’altro avvertono: la notte è cominciata. L’isterico e voglioso vagare delle macchine che dopo cinque o sei giri si fermano a contrattare una volta era molto superiore, così raccontano i travestiti più anziani. Poi sono arrivati loro, “i maledetti, i drogati, i portatori di malattie”; i dispregiativi si sprecano. La parola “viados”, i travestiti italiani non la pronunciano mai, quasi fosse un riconoscimento professionale. Tra una considerazione e l’altra qualcuno sale sull’auto di un agognato cliente per un breve viaggio. La notte scorre lenta per i clienti insonni, veloce per i travestiti che non stanno guadagnando. Per quanto mi riguarda, è già ora di tornare a casa.