Il mio vagare nella notte fa una pausa, mi fermo a Città Studi. Tra poco arriveranno. Il traffico sarà meno intenso, le macchine percorreranno le strade più lentamente. Sono quasi le undici di sera e, come sempre, Milano si accinge a cambiare di scena. Succede in tutta la città, ma in due o tre zone il mutamento è più evidente. E’ lì che ancora resistono gli ultimi travestiti italiani. Un piccolo e in qualche modo scalcagnato esercito che ogni notte cerca di contrastare l’armata dei viados. Intanto il vociare, il rumore di tacchi, i dialoghi urlati da un marciapiede all’altro avvertono: la notte è cominciata. L’isterico e voglioso vagare delle macchine che dopo cinque o sei giri si fermano a contrattare una volta era molto superiore, così raccontano i travestiti più anziani. Poi sono arrivati loro, “i maledetti, i drogati, i portatori di malattie”; i dispregiativi si sprecano. La parola “viados”, i travestiti italiani non la pronunciano mai, quasi fosse un riconoscimento professionale. Tra una considerazione e l’altra qualcuno sale sull’auto di un agognato cliente per un breve viaggio. La notte scorre lenta per i clienti insonni, veloce per i travestiti che non stanno guadagnando. Per quanto mi riguarda, è già ora di tornare a casa.
31 Ottobre 2013