Le pensioni si mangiano una bella fetta della nostra spesa pubblica. E, non a caso, della nostra discussione pubblica. Anche se le riforme degli scorsi decenni hanno riportato il sistema in equilibrio nel lungo periodo, si continua a discutere di un contributo da chiedere alle generazioni che sono state meno colpite: quelle che sono andate in pensione, in toto o in parte, col retributivo. Per farlo, si possono ipotizzare tre interventi.
1) La deindicizzazione. Non adeguarele pensioni all’inflazione così da ridurne il potere d’acquisto (soprattutto per quelle alte, come è stato fatto in passato e come intende continuare a fare il governo).
2) Un contributo di solidarietà sulle pensioni alte. Imporre un prelievo straordinario sulle pensioni sopra una certa soglia (come propone il governo, sperando d’aggirare la bocciatura della Corte Costituzionale).
3) Un contributo di equità sulle pensioni generose. Imporre un prelievo sulle pensioni che superano sia un certo ammontare sia un certo rendimento interno, utilizzando quindi una doppia soglia d’intervento.
I primi due interventi sono nella Legge di stabilità. Il terzo è una proposta che mi è capitato di rilanciare spesso (su Europa, Linkiesta, allaLeopolda 2012 e in una serie di articoli con Tito Boeri su Lavoce.info). I tre interventi sono diversi per logica, gettito atteso e fattibilità. Ma vengono di solito criticati con gli stessi argomenti dalle varie correnti del partito unico della spesa pensionistica. Vediamole una per una.
LA CORRENTE A.G.D.
La corrente “Abbiamo Già Dato” (A.G.D.) ama snocciolare le riforme degli ultimi decenni: Amato, Dini, Prodi, Maroni, Prodi, Fornero-Monti. Per la serie: basta chiedere sacrifici ai pensionati. Peccato che i sacrifici siano stati chiesti soprattutto ai pensionati futuri piuttosto che a quelli attuali. E che questa tiritera di riforme sia dovuta proprio al peccato originale di aver esentato intere generazioni dai costi della transizione verso il nuovo sistema contributivo. Gli interventi a singhiozzo nascono da lì.
LA CORRENTE BUONISTA
La corrente “buonista” non vuole sentir parlare di equità tra generazioni. Per non minare la pace sociale. Per non aizzare i figli contro i padri. L’argomento, sinceramente, ricorda un po’ quei personaggi che ti rubano il parcheggio che stavi aspettando da mezz’ora in doppie frecce. Se provi a suonare il clacson per avvisarli, quelli ti rispondono che non è educato fare tutta questa caciara. È il bon ton delle facce di bronzo.
La sottocorrente cinica della corrente buonista fa invece notare che è proprio grazie alla pensione dei nonni che molti nipoti sbarcano il lunario. Peccato che non tutti i giovani possano contare su questa rete “familistica”. E che anche quelli che ce l’hanno, preferirebbero probabilmente contare su altri strumenti.
LA CORRENTE COSTITUZIONALISTA
La corrente “costituzionalista” ti spiega che devi lasciar perdere perché la Corte non vuole. In verità, l’argomento coglie una parte del problema. Se dobbiamo tassare le pensioni d’oro solo per chiedere di più “a chi ha di più”, perché limitarsi ai redditi da pensione pubblica? Non si dovrebbero colpire anche altri redditi da lavoro o da risparmio privato? Ci sono due modi per ribattere. O si usa la deindicizzazione, aggirando furbescamente il problema. O si rovescia la logica dell’intervento, chiedendo di più “a chi ha avuto di più” dal vecchio sistema. Il terzo intervento di cui sopra, il contributo d’equità, infatti, resta nel perimetro del sistema previdenziale e aggira l’obiezione in modo trasparente, toccando le sole pensioni ad alto rendimento interno e producendo un gettito che potrebbe finanziare uno schema di contribuzione figurativa per i giovani disoccupati.
LA CORRENTE PATTISTA
La corrente “pattista”, a questo punto, attacca proprio il terzo intervento. Perché i patti vanno rispettati. Quel che è stato è stato: non si può rimodulare il rendimento delle pensioni. Ma, di fatto, le pensioni vengono già rimodulate, anno dopo anno, con la deindicizzazione o i prelievi che sparano nel mucchio, senza distinguere sulla base dei contributi versati. Il contributo a doppia soglia userebbe solo in parte il rendimento pregresso. Le politiche pubbliche forniscono mille esempi di condizionalità, perché questa dovrebbe essere inconcepibile?
Per carità, il gettito atteso di un prelievo che non intenda toccare le pensioni medio-basse e quelle allineate ai contributi versati sarebbe limitato. Come abbiamo calcolato su Lavoce.info con Tito Boeri, non ci si può aspettare più di un miliardo all’anno (fino alla transizione completa al contributivo). Ma l’obiettivo è smussare gli squilibri tra generazioni, non far cassa sparando nel mucchio dei pensionati.
Ci si preoccupi pure dei diritti acquisiti. Ma si lascino stare gli alibi. Gli alibi acquisiti.
Pubblicato anche su: www.qdrmagazine.it