Che possa piacere o meno, che si combatta o che si difenda, è innegabile che l’industria del porno è una delle poche che non risentono la crisi. E che genera utili da capogiro, nonché milioni di posti di lavoro.
Nei soli USA il settore a luci rosse genera circa 11 miliardi di dollari all’anno e crea 10.000 posti di lavoro fra attori, truccatori, tecnici delle luci, muratori, catering, e web designer.
E proprio negli Stati Uniti c’è stato un crollo del 95% della produzione da quando è entrata in vigore la legge che obbliga gli attori a indossare il condom. E già, perché il Governo statunitense ha emanato, nel marzo di quest’anno, una norma che obbliga gli attori a indossare il preservativo sul set.
Nella sola nella contea di Los Angeles, da sempre patria del cinema (anche hard) a stelle e strisce, il numero di permessi per girare film per adulti è crollato del 95%: nel 2012 sono state emesse 480 autorizzazioni, mentre nei primi nove mesi di quest’anno soltanto ventiquattro. I dati resi noti da Film LA, l’associazione no profit che concede i permessi, hanno immediatamente scatenato la reazione dei produttori a luci rosse, che fin dagli anni Ottanta si battono contro il preservativo e che sono tornati all’attacco.
Chi la spunterà?
La AIDS Healthcare Foundation che dice che è necessario il preservativo per proteggere gli attori di film per adulti e la popolazione da malattie a trasmissione sessuale? O l’industria del porno, che aveva richiesto che gli attori dovevano essere testati per malattie a trasmissione sessuale ogni 28 giorni, e che ha cambiato tale obbligo a 14 giorni per maggiore sicurezza?
Di sicuro è una crisi vera, che sta provocando miliardi di euro di mancati profitti, e conseguente calo occupazionale, ma è anche un modo certo di salvare qualche vita in più da un male che ancor oggi resta incurabile.
Per ora i “capitani” dell’industria pornografica USA hanno portato il caso in tribunale ma di sicuro è innegabile che il preservativo stia uccidendo il porno cinematografico. Che sia un bene o un male non saprei, di certo però mi pare che la soluzione più semplice per l’industria hard sarebbe quella di emigrare in paesi più “morbidi”. Con un conseguente, enorme, danno per l’intera economia americana.
Curioso attendo di sapere come finirà la vicenda.