Banche, moneta, potereNicholas Kaldor e il flagello del monetarismo

    Con la diffusione dei negozi e dei mercati on line per un collezionista di libri si è aperto un nuovo mondo. Si possono trovare libri rari, confrontare comodamente prezzi ed edizioni, entrare i...

Con la diffusione dei negozi e dei mercati on line per un collezionista di libri si è aperto un nuovo mondo. Si possono trovare libri rari, confrontare comodamente prezzi ed edizioni, entrare in contatto con le librerie e gli antiquari più lontani. Certo – sostengono alcuni – vi è stato un livellamento dei prezzi verso l’altro: se uno ha una prima edizione o un libro antico basta andare su Maremagnum o Abebooks (per citare i siti più seguiti) e vdere a quanto è venduto mediamente quel libro dalle varie librerie specializzate. Ma non è raro riuscire a trovare ancora delle asimmetrie nei prezzi e qualche occasione per chi come me ricerca e colleziona i testi dei grandi economisti. Di recente, a poche sterline, ho comprato la prima edizione di “The Scourge of Monetarism” – Il Flagello del Monetarismo –  di Nicholas Kaldor edito dall’Oxford University Press nel 1982. Avevo già la seconda edizione del 1986 e l’edizione italiana del 1984 edita da Loescher Editore, con l’appendice di Gian Luigi Vaccarino. Ma il testo è importantissimo e merita – ancora oggi – grande attenzione. E soprattutto dovrebbero rileggerlo a Francoforte.

Figura straordinaria Nicholas Kaldor, economista ungherese naturalizzato inglese, laureato alla London School of Economics, dove ha iniziato la docenza e poi professore all’Università di Cambridge, nominato Lord nel 1974. Spirito critico e combattivo, demolitore del monetarismo (basta ricordare la celebre definizione del The Guardian  che definì Kaldor “the most devastating critic of monetarism”) ma anche inviso e contrario a certi ambienti keynesiani, lontano e distante da ogni forma di ortodossia. Fu considerato da alcuni il successore di Keynes (definizione che Kaldor avrebbe tuttavia rifiutato), è stato sicuramente uno dei più grandi economisti del secondo Novecento. E’ scomparso nel 1986 e non gli venne mai assegnato il premio Nobel. 

Con queste parole, in una  recensione al libo di Targetti sull’economista inglese, Vaccarino illustrava la figura di Kaldor:

“Vi sono studiosi che passano gran parte della loro vita chiusi in una stanza seduti a tavolino per scrivere diligentemente trattati ponderosi e organici, che rappresentano lo sviluppo e la rifinitura paziente di un’unica idea abbracciata in età giovanile. Kaldor era l’esatto contrario di tutto ciò. Non solo non aveva la pazienza e la perseveranza per stendere trattati, e non trovava congeniale neppure scrivere libri in forma di monografia, preferendo la forma rapida e breve del saggio. Soprattutto aveva troppe idee per poter restare assolutamente fedele ad una sola, ed era troppo interessato alle applicazioni pratiche e politiche delle sue teorie per rimanere al chiuso in una stanza a rifinirle e levigarle”. ( G.L. Vaccarino, L’Indice,  1989, n. 3).

Gli studi e gli insegnamenti di Kaldor coprono ambiti molto vasti, dalla teoria dello sviluppo alla distribuzione del reddito, al risparmio alla politica monetaria ecc. Su Linkiesta, in un precendente post, ho già segnalato le considerazioni del 1971 (oggi diremmo “profetiche”) di Kaldor sull’unione monetaria. Il libro in oggetto ha un campo d’indagine più ristretto ma è una vera e propria pietra miliare degli studi di economia monetariaTesto ancora attualissimo perchè aiuta a comprendere come mai in Europa non funziona il meccanissmo di trasmissione tra la politica monetaria e l’economia reale. Kaldor dimostra come l’offerta di moneta non sia esogena ma endogena. 

” I monetaristi, in stretta analogia con Walras, sostengono che la sovrastruttura della moneta creditizia varia in modo strettamente proporzionale alla <<base monetaria>>, sia che essa venga pensata come oro nei forzieri della banca centrale, o semplicemente come ammontare di banconote emesse dalla banca centrale e poste in circolazione attraverso lo sconto di titoli di prim’ordine e/o mediante operazioni di mercato aperto.  Se le cose stessero così, la banca centrale, regolando semplicemente l’emissione di banconote, determinerebbe evidentemente di mese in mese, o di settimana in settimana, la quantità di moneta che dovrebbe esistere in circolazione (definita sia come M1, M3 o come M7). In tale situazione raggiungere gli <<obiettivi>> monetari non sarebbe un problema: essi verrebbero automaticamente raggiunti determinando o <<razionando>> il volume di monete emesse ogni giorno.  Ma, in realtà, la banca centrale non può rifiutare lo sconto di titoli primari che le vengono presentati dalle Casse di sconto. Se lo facesse, stabilendo, su base giornaliera o settimanale, un tetto all’ammontare che è disposta a riscontare (allo stesso modo in cui la biglietteria di un teatro è disposta a vendere solo un numero fisso di biglietti per un certo spettacolo), la banca centrale verrebbe meno alle sue funzioni di <<mutuante di ultima istanza>> nei confronti del sistema bancario, che è essenziale affinché le banche commerciali non diventino insolventi per carenza di liquidità. Proprio in quanto le autorità monetarie non possono permettersi le disastrose conseguenze di un collasso del sistema bancario, e proprio perché le banche, a loro volta, non possono permettersi di trovarsi nella posizione di chi viene “messo al tappeto”, l’“offerta di moneta” in una economia a moneta creditizia è endogena, non esogena. Essa varia in risposta diretta nei confronti delle variazioni della “domanda” da parte del pubblico di contanti e depositi bancari, e  non è indipendente da tale domanda”.  (Traduzione di F.Cartiglia nell’edizione italiana del 1984)

E quali sono, dunque , gli obbiettivi di una politica monetaria?   Per Kaldor “Si dovrebbe dare maggior peso alle politiche che rafforzino l’economia <<reale>>- cioè la produzione, l’occupazione, la formazione del capitale, il saggio di sviluppo -piuttosto che gli <<obbiettivi monetari>> “.

Non sappiamo se a Francoforte abbiano letto Kaldor. Non sappiamo se Jens Weidmann accetterà volentieri una copia de Il Flagello del Monetarismo. Tuttavia è ormai evidente che l’architettura monetaria europea è sempre più pericolante. Ci vorrebbe una Commissione Radcliffe sull’euro !

@Giov_Fracasso