Un giorno come tanti, un cliente come tanti, un tassista come tanti (o forse no).
Tassista: «Hai perso il treno?»
Cliente: «Mmmhhh no» (e poi perché mi dai del tu?)
T: «Certo che io in un posto così non ci vivrei. Dopo due giorni diventerei un serial killer».
C: «…»
Silenzio di tomba, mentre il tassista, con la macchina ferma al passaggio a livello, prende il telefono e si fa un bel ritratto selfie nella landa desolata brianzola.
T: «Allora, son 66 euro».
C: «66? Ci ha dato dentro, eh, col rincaro, visto che il tassametro segna 60.80».
T: «C’è l’autostrada. Quanto sarà? 2 euro e 50? Per due fa 5 euro e arriviamo a 66».
C: «A casa mia 60.80 più 5 fa 65.80. E poi è sicuro che la tangenziale costi 2.50?»
T: «No, ho il Telepass, non lo so. Ma più o meno sarà così. Tu lo sai?»
C: «1.70. E poi i suoi colleghi non mi fanno pagare il ritorno, tra l’altro. Se devo dirla tutta, il suo rincaro mi sembra un po’ disonesto».
T: «Pensi che ti stia fregando? Guarda che io quando per esempio porto le persone a Orio, faccio pagare l’autostrada anche per il ritorno. Io come torno se no?»
C: «Anche in quel caso tarocca i prezzi dell’autostrada o sono quelli veri?»
T: «Ecco, pensi che ti voglio fregare. Va beh, dammi solo 60».
Altro giro, altra corsa.
T: «Sono 3.40 in più per la tangenziale».
C: «Mi sta facendo pagare anche il suo ritorno? Senza contare che quando sono salita il tassametro segnava già 6.90»
T: «Mi scusi, ha ragione. Facciamo solo 1.70, anzi 1.50 così facciamo cifra tonda».
Ora, ci deve essere qualcosa che mi sfugge sulla trasparenza delle tariffe, questo è poco ma sicuro.
Ma ci deve essere qualcosa che mi sfugge anche sul perché un tassista debba per forza credere che il cliente sia uno sprovveduto che si fa fregare senza proferire verbo.
Orsù, tassista, ripetiamo insieme le semplici regoline di buona creanza:
– “va beh io ci provo a far pagare di più” è solo disonestà, non furbizia;
– se bisogna andare da A a B e non si sa dove è B, usare il navigatore non compromette la virilità;
– accettare le carte di credito è un piccolo passo per te, ma un grande passo per l’umanità;
– parlare male della cliente precedente o chiamarla “quella stronza che lavora da Armani” non è così simpatico come sembra;
– raccontare di quella volta che hai provato a fabbricare una bomba non è una scelta azzeccatissima e ha come unico risultato non certo quello di divertire, ma quello di spingere il cliente a chiedersi se tu, per caso, non stia camuffando un accento del nord-est.
Poi, per carità, sei libero di (tentare di) maggiorare il prezzo della corsa come più ti pare e piace, ma fare l’offeso quando vieni preso con le mani nel sacco, quello ti prego no.
Perché se l’ipocrisia viaggia con noi, allora si divide, e io la corsa la pago la metà. Affare fatto?