CREATIVINDUSTRIEBoss in incognito e il gioco di specchi tra TV e lavoro

Ho visto la prima di Boss in incognito (Rai2, lunedì, ore 21.18). Lo ammetto. Mi sono pure divertito e persino commosso. Si tratta della versione italiana di Undercover Boss, che era già arrivata i...

Ho visto la prima di Boss in incognito (Rai2, lunedì, ore 21.18). Lo ammetto. Mi sono pure divertito e persino commosso. Si tratta della versione italiana di Undercover Boss, che era già arrivata in Italia come Un capo in incognito trasmessa da LA7 (che però si limitava a doppiare le puntate americane).

L’idea di fondo è quella di portare gli imprenditori o i manager di alto livello in incognito in mezzo ai loro dipendenti. Ogni puntata dovrebbe vedere il capo di un’azienda scoprire le difficoltà di chi lavora “ai piani bassi“, difficoltà che molto spesso sono frutto proprio delle decisioni prese dal manager in questione (di questi tempi, spesso per abbattere i costi ed aumentare la produttività).

La suspence narrativa di Boss in incognito starebbe nella distanza che i dirigenti aziendali scoprono esserci tra ciò che immaginavano essere le loro aziende e la realtà che invece gli si presenta sotto gli occhi. La quale è sempre molto più complessa, perché fatta di persone in carne ed ossa, prassi,  compromessi e conoscenza implicita applicata quotidianamente.

La consapevolezza che i docu-reality abbiano comunque poco di reale e che si tratti di fiction quasi al pari delle serie TV non toglie interesse alle situazioni proposte, le quali offrono appigli di riflessione e apprendimento intorno ad alcuni temi. Come per esempio, cosa significhi essere un buon capo, come far sì che le persone siano più contente (e quindi lavorino meglio), cosa apportano le persone all’azienda e cosa queste portano a casa al di là della retribuzione.

Alla prima puntata abbiamo visto un imprenditore nel settore dell’abbigliamento, David Hassan, travestito da operaio, lavorare gomito a gomito con alcuni suoi dipendenti, tutte belle persone e grandi lavoratori (per esigenze di copione, sarebbe forse difficile immaginare altrimenti) e scoprirne capacità, speranze, difficoltà. Il viaggio in incognito all’interno della propria azienda si conclude il riconoscimento del contributo delle persone incontrate, in forma di premio o di cambio di ruolo in linea con aspirazioni e talenti.

Tanti bei sentimenti e situazioni idealizzate e pazienza se è una docu-fiction, perché tutti i personaggi appaiono così veri da sembrare attori consumati (la presenza delle telecamere, ci viene suggerito, è stata giustificata come necessaria alla realizzazione di un documentario sul mondo del lavoro). Insomma, un prodotto ben confezionato, impreziosito dalla conduzione di Costantino della Gherardesca e quella sua simpatica espressione da hipster assonnato che imita Buster Keaton, tanto bravo ed elegante quanto poco verosimile come esperto di situazioni dell’arena del lavoro in azienda.  

Al di là del format in sé, però la cosa che mi appare interessante è anche un altra. E cioè come il tema “lavoro” ritorni, pur con tutte le distorsioni, come centrale, cioè lì dove è sempre stato.

Ciò lo si vede bene nelle serie TV. Mad Man, per esempio, narra la realtà quotidiana di un’agenzia pubblicitaria di New York negli anni ‘60, concentrandosi sulle dinamiche sociali dentro l’organizzazione, i diversi stili di leadership, i progressi di carriera, la gestione del talento e le motivazioni delle persone che si intrecciano con gli obiettivi aziendali e le strategie per perseguirli.

Un’altra serie TV seguitissima è The Office. In tono ilare, questa serie TV ci racconta le dinamiche di un ufficio in cui le persone sono per lo più impegnate nel faticoso intento di non perdere il proprio posto di lavoro presso una fabbrica di carta. Persone vessate dall’umorismo assolutamente fuori luogo e per niente empatico del loro capo Michael Scott, sedicente “peggior capo del mondo”. The Office è girata come fosse un documentario, mentre i personaggi confessano periodicamente le loro speranze e frustrazioni come fossero in un reality show.

Format, quello dei reality, che guarda anche esso al mondo del lavoro. The Apprentice, che nelle versione italiana ha visto come burbero boss Flavio Briatore (paladino dello stereotipo arcaico e italico del boss stronzo), è un reality/talent show, per aspiranti imprenditori e manager, i quali devono superare una serie di prove manageriali (nelle prime due puntate i candidati, per esempio, si sono cimentati in prove di compravendita) per poter avere la possibilità di lavorare sotto le dipendenze di Flavio Briatore con uno stipendio a sei cifre per almeno un anno.

Quindi, il tema del lavoro pervade la TV animando format e sceneggiature che vogliono rispecchiare o almeno evocare la complessità della quotidianità delle aziende e le motivazioni delle persone. Ma lo specchio è comunque double face, perché anche la TV porta qualche immagine riflessa nel lavoro delle persone.

Come si può intuire, per il potere dell’analogia, i personaggi e le situazioni che le serie TV animano ed affrontano rappresentano una fonte di apprendimento anche per comportamenti nei contesti di lavoro.

La TV ispira il mondo del lavoro ma anche viceversa, quindi. Una ricerca del 2012 ha investigato quali siano i fattori esterni che in qualche modo influenzano lo sviluppo delle competenze manageriali e di leadership. Tra i fattori, le occasioni di apprendimento che vengono dalle attività svolte nel tempo libero. Le risposte dei 220 intervistati tra manager di alto e medio livello ne indicano infatti le più disparate: gli scacchi, le arti marziali e ovviamente i romanzi, il cinema e la TV (vedi ricerca).

L’indicazione del mondo fittizio dei romanzi, dei film e dei TV serial – ma anche dei talent e dei reality show – come occasione di apprendimento è rafforzata dal fatto che il 67% dei manager partecipanti alla ricerca sostiene di aver messo più volte in pratica uno stile di leadership ispirato da eroi letterari o dello schermo.

Per cui, secondo questa ricerca, un personaggio come il Dr House sarebbe fra i maggiori ispiratori di stili di leadership applicati nella vita vera, e in special modo in quella organizzativa.

Vi sorprende? Non dovrebbe più di tanto. Piuttosto, se ne avete occasione, cercate di scoprire cosa guarda in TV il vostro boss ed eventualmente suggeritegli di cambiare dieta. 

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