Proprio nei giorni in cui l’italiano Paolo Sorrentino portava alta la bandiera del suo paese d’origine negli Stati Uniti, grazie alla conquista del prestigioso Golden Globe e alla candidatura all’Oscar del suo film “La grande bellezza”, un altro connazionale faceva parlare di sé e dell’Italia dall’altra parte dell’oceano atlantico. Non un’altra personalità appartenente all’universo cinematografico, bensì più vicina alla galassia politica-economica. Forse Berlusconi, conosciuto al popolo Usa (anche) per il suo filoamericanismo, per la sua amicizia con George W. Bush, o per il suo discorso al Congresso? La risposta è no. Magari Renzi, ancora non troppo noto agli americani, ma già distintosi per aver partecipato all’ultima convention dei Democrats nel 2012 in Nord Carolina? Nah-uh. Beh, allora è semplice: si tratterà sicuramente di Beppe Grillo che, a dispetto del difficile rapporto con la stampa nostrana, ai media esteri e anglosassoni concede interviste spesso e volentieri. Neppure lui, try again.
Nessuna delle sopraccitate personalità politiche. Il personaggio salito alla ribalta in territorio statunitense nei giorni scorsi è Carlo Sandrin. Troppo semplice, reagire ora con un renziano “chi?”, manco fosse il vice ministro dell’Economia. Perché Sandrin è un elemento di spicco del Tea Party Italia, quel movimento anti-tasse, liberale-liberista-libertario, americaneggiante per sua stessa natura (il concetto stesso di “Tea Party”, infatti, ha i suoi natali oltreatlantico), che da qualche tempo si rende protagonista di apparizioni in talk show, eventi pubblici, conferenze, presentazioni, con una presenza sempre più ampia e importante sui media nazionali. E anche internazionali, a quanto pare.
Perché Sandrin, proprio nei giorni in cui Sorrentino ritirava il Golden Globe e veniva nominato dall’Academy, è apparso davanti a un’altra platea, magari meno raffinata di quella del Kodak Theater, ma di certo non meno influente, dal punto di vista puramente politico e mediatico. L’esponente del Tea Party Italia, infatti, è andato in onda sul network The Blaze, ospite (per la seconda volta!) del popolare presentatore Glenn Beck, vera e propria star televisiva e radiofonica a stelle e strisce, tra i più seguiti autori e commentatori politici del panorama conservatore americano. Un punto di riferimento della cosiddetta “Right Nation”, la destra americana raccontata egregiamente da John Micklethwait e Adrian Wooldridge nel loro libro del 2004, molto spesso sbrigativamente ignorata o sottovalutata da alcuni commentatori italiani, quando non apertamente avversata o ridicolizzata dalla stampa liberal.
Dopo una prima comparsata alcuni mesi or sono, il veneto Sandrin, negli USA per motivi di studio, è tornato su The Blaze (network a pagamento fondato dallo stesso Beck, che conta oltre 300 mila abbonati) negli studi di Dallas, Texas, per partecipare a The Glenn Beck Show, programma di punta dell’emittente, dedicato all’approfondimento politico. Per una dozzina di minuti, in un discreto inglese, ha discusso di libertà, di (op)pressione e di protesta fiscale, e dell’attuale situazione politico-economica di Italia ed Europa, da lui definite “sull’orlo del collasso”. Una lunga serie di opinioni originali che, per i canoni italiani, abituati alle “larghe intese” e allo statalismo senza se e senza ma, farebbero senza dubbio guadagnare la definizione di “eretico” o di “estremista” a Sandrin. Tuttavia posizioni che comunque, condivisibili o meno, dimostrano al pubblico degli Stati Uniti che, anche in Italia, anche nella “vecchia Europa”, a dispetto di una storia nazionale priva di Tea Party, di rivolte fiscali e dichiarazioni di indipendenza, c’è qualcuno – e sono sempre di più – che crede nel concetto di “libertà” sancito dai loro padri fondatori, o in quello di “small government”, fino ad arrivare alla riduzione delle tasse, alla autonomia personale e alla responsabilità individuale. Glenn Beck e i suoi tanti spettatori se ne sono accorti. Prima o poi, si spera, lo faranno anche gli italiani.