Le luci che illuminavano le strade nei giorni di festa sono spente. La mia periferia riprende il suo colore naturale, non sempre vivacissimo. Eppure il cielo grigio che non confondi con altri quasi non mi dispiace. Il periodo prenatalizio e quello succesivo, per quanto mi riguarda, sono stati faticosi. Un lungo carnevale con l’obbligo di mascherarci di felicità. Abbiamo abbozzato risate, brindato, fatto gli auguri a chiunque, anche a chi, senza mai dirglielo, manderemmo volentieri a quel paese, geograficamente non collocabile e dal nome volgare. Dalla guardiola vedo i bimbi imbronciati -loro sì che non hanno mai finto- con gli zainetti, per qualche tempo dimenticati, tornare a scuola. Anche chi li accompagna, deve riabituarsi. Le luci accese nelle case la mattina presto, sono le stelle del mattino. Si riparte da dove avevamo lasciato. Bisogna ripararsi dal freddo e si ride o ci s’incazza con normalità, senza l’assurda paura di rovinare un’atmosfera forzata. Escono le persone, c’è chi va a lavorare, chi si getta in un bar. Dobbiamo ricominciare a recitare noi stessi. Il ruolo più difficile del mondo.
7 Gennaio 2014