«Beh, la pancia e il sedere sono un po’ il problema di tutte».
Così parlò, senza pietà alcuna, la commessa filiforme di un negozio di calze dopo avermi squadrata da capo a piedi.
«Ma che ne sai?» avrei voluto urlarle. «Che ne sai? Magari sono solo gonfia perché (a) non mangio abbastanza bifidus, (b) sto aspettando i cinque giorni di tristezza in cui posso fare la ruota e lanciarmi col paracadute, (c) ho messo un marsupio sotto il maglione perché volevo sentirmi anni 90. Che ne sai?»
Invece ho sorriso, sono stata zitta e le ho fatto ingoiare i leggings che stavo per comprare e tre paia di calzini numero 33 – non sia mai che, mangiando qualcosa, l’acidità di certune improvvisamente scemi.
Che colpa ne ho, in fondo, se l’addominale è uno zingaro e va (a svernare nei mari del Sud), lasciandomi quel mezzo chilo di morbidezza che, poveretto, alla fine non fa altro che ingentilirmi la figura?
«Sono otto etti, cosa faccio, lascio?»
«Lasci, lasci, che facciamo scorta per i tempi bui».
Perché, diciamolo, non tutta la pancetta viene per nuocere.
Gli addominali scolpiti staranno anche bene con il costumino bianco del super modello della pubblicità del profumo Dolceengabana (pronunciato all’inglese), ma se, una volta terminate le riprese, Bianca Balti avesse avuto un capogiro per colpa di tutto quel laitblu e fosse caduta maldestramente sulla pancia de fero di David Gandy, avrebbe preso una scraniata non indifferente. Molto meglio atterrare su un soffice cuscino, no?
La pancetta non se la tira, è godereccia, è morbida, è versatile; sa di dolce alla panna e sorride anche se non si ingozza di yogurt kiwi e cereali. Non fa sfigurare con le danzatrici del ventre del ristorante marocchino, può fungere da base d’appoggio per l’iPad o da boa se si fa il morto in mezzo al mare.
L’addominale molle è più accogliente, meno problematico, più rilassato. Non provoca nessuna ansia da prestazione, nessuna tragedia per quel microgrammo di grasso che ommioddio sta spuntando proprio in mezzo alla corazza, nessuna interruzione dell’atto amatorio per rimirarsi nello specchio ed esclamare «Ma quanto sono figo/a!», abbagliati dalla propria tonicità e temporaneamente dimentichi del/la poveretto/a che sotto di noi stava magari per godersi il meritato finale.
L’addominale scolpito è un po’ come il cake design: bello da vedere, ma alla fine chi vince è sempre la cara vecchia torta di mele. Un po’ scomposta, ma perfetta se vogliamo affondare i denti in qualcosa che ci dia davvero un po’ di soddisfazione.