Sampan ExpressL’opposizione cambogiana e il razzismo anti-vietnamita

Phnom Penh: un’ombra scura si staglia all’orizzonte delle manifestazioni contro il governo di Hun Sen, una nube impregnata di atavici rancori e di odio. L’onda umana che dallo scorso settembre cost...

Phnom Penh: un’ombra scura si staglia all’orizzonte delle manifestazioni contro il governo di Hun Sen, una nube impregnata di atavici rancori e di odio. L’onda umana che dallo scorso settembre costantemente scende in piazza gridando a migliori salari, minore corruzione e invocando elezioni regolari per ora non è riuscita a spazzare via l’apparato di Hun Sen, ma ha avuto successo nello sfogare tutta la propria frustrazione in poche ore di follia dello scorso 3 gennaio. Un successo amaro e preoccupante che ha trovato soddisfazione nella distruzione di alcuni locali nei paraggi di Veng Sreng Street gestiti da vietnamiti. Come mostrano le immagini sottostanti, i manifestanti hanno esplicato il proprio odio etnico distruggendo e rubando ogni bene mobile: dai tavoli alle televisioni, dai motorini ai vestiti. Nel caso riportato dal The Cambodia Daily del ventisettenne Min, in Cambogia da oltre dieci anni, i danni sono ammontati a 40 mila dollari e appena possibile ha mandato la moglie con i due figli in Vietnam per paura di ulteriori rappresaglie.                

Ma perché la morte di almeno tre manifestanti negli scontri con le forze dell’ordine di quel nefasto venerdì doveva essere vendicata ai danni di innocenti vietnamiti? Senza tanti giri di parole e con pochi dubbi si può affermare che una tale manifestazione di rabbia derivi in gran parte dalla retorica utilizzata da Sam Rainsy e dagli altri leader del movimento di opposizione e del Partito di Salvezza Nazionale Cambogiano (CNRP). Al fine di rovesciare l’uomo forte di Phnom Penh, al potere dal 1985, Sam Rainsy unisce infatti agli argomenti democratici ed alle rivendicazioni economiche, la micidiale leva del nazionalismo. Il nemico, il male, viene così immancabilmente rintracciato nel vicino ad est colpevole di aver sottratto all’Impero Khmer la fertile regione del Delta del Mekong a fine Settecento. Le rivendicazioni cambogiane, mai sopite, sono esplose violentemente contro i vietnamiti sotto i Khmer Rossi negli anni settanta allorché vi fu una vera e propria caccia all’uomo che costrinse decine di migliaia di persone a fuggire in Vietnam e al massacro di molti tra coloro che decisero di restare.

La tanto datata quanto efficace strategia dell’identificazione o della costruzione di uno specifico nemico esterno sta oggi trovando terreno fertile tra la popolazione cambogiana. In questo caso per Sam Rainsy la scelta è fin troppo facile ed il nemico esterno esiste già, non solo in quanto tale e grazie al retaggio storico, ma come sostenitore del primo bersaglio politico suo e della maggioranza dei cambogiani: Hun Sen. Gli incontri diplomatici del Primo Ministro che parla quasi perfettamente vietnamita o che si inchina di fronte alla stella gialla a cinque punte della bandiera vietnamita appaiono come ulteriori prove del suo ruolo di fantoccio nelle mani dei comunisti vietnamiti e scatenano la rabbia sul web. 

Poco importa se le concessioni indiscriminate e la corruzione riguardano anche imprese cinesi, malesi, coreane o giapponesi: a molti è chiaro dove risieda il nemico da combattere. Inoltre Sam Rainsy sta corteggiando fortemente Pechino offrendo un totale allineamento della Cambogia in particolare relativamente alle rivendicazioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale qualora diventasse Primo Ministro. In una recente intervista ad una rete cinese ha garantito “noi – il CNRP ndr- non abbiamo mai ricevuto un singolo dollaro dalle potenze occidentali” e ha rimarcato il fatto che il suo partito non potrà mai allinearsi agli Stati Uniti in quanto alleato di Hanoi. Musica per le orecchie cinesi, che per ora ascoltano attentamente, consapevoli che Pechino sia l’unico attore in grado di mediare nel contesto cambogiano e con la consapevolezza soprattutto che Phnom Penh potrà rivelarsi un alleato chiave al fine di spaccare l’unanimità in seno all’ASEAN. Ma questa è un’altra analisi.

La molla anti-vietnamita, del resto, rappresenta una costante della strategia politica del leader del CNRP, che nel 2009 è stato accusato di incitamento all’odio razziale in seguito ad una presa di posizione relativa alla demarcazione dei confini. L’affaire l’ha costretto a fuggire in Francia e solo nel 2013 ha potuto far ritorno in patria successivamente al perdono reale. Tuttavia il sentimento anti-vietnamita non è mutato e nei mesi scorsi ha continuato ad infiammare, fino al 3 gennaio solo verbalmente, migliaia di cambogiani che per le strade urlano slogan contro i loro vicini chiamandoli con il dispregiativo Yuon, dall’assonanza con la provincia cinese dello Yunnan confinante con il Vietnam che implicitamente richiama a differenze fisiche tra vietnamiti e khmer. Sul web la paranoia sta raggiungendo livelli preoccupanti: in quanto amici di Hun Sen i vietnamiti vengono accusati di essere infiltrati nelle forze di polizia e provare piacere nel reprimere i manifestanti, i commercianti di essere spie. I numeri vengono gonfiati e dilaga la paura di una progressiva e graduale invasione da parte di immigrati illegali come mezzo per un grande disegno politico di controllo definitivo della Cambogia da parte di Hanoi.  

I rischi sono stati indicati molto chiaramente anche da Surya Subedi, inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani. Lo scorso 16 gennaio dopo aver incontrato i leader del CNRP ha dichiarato “ho sottolineato che tolleranza ed armonia razziale sono cruciali per il futuro della democrazia nel paese. Sono allarmato dal linguaggio anti-vietnamita a quanto pare usato in pubblico dall’opposizione” per poi concludere con una ferma condanna di quanto accaduto il 3 gennaio. Il rischio maggiore deriva dal fatto che i destinatari della retorica del CNRP sono in larga parte giovani, spesso poveri e privi del background necessario ad interpretare lucidamente la storia e l’attualità politica. Se si considera che gli under 30 rappresentano circa il 70% della popolazione e più di un terzo della forza lavoro e se a ciò si unisce il fatto che la connessione ad internet sta aumentando esponenzialmente (3 milioni di utenti connessi oggi contro i 70 mila del 2008) si ha una misura di come la miccia razziale possa esplodere proprio in rete per poi avere conseguenze concrete. Un’analisi dei commenti postati sulla pagina Facebook di Sam Rainsy nella giornata di domenica 26 gennaio mostra chiaramente la ricorrenza di attacchi anti-vietnamiti e della fobia dell’invasione. L’unica voce fuori dal coro è quella dell’utente Randy Kane che cerca di sottolineare i benefici conseguenti all’intervento di Hanoi nel 1979 che ha posto fine alle brutalità dei Khmer Rossi, ma sfortunatamente proprio il sentimento nazionalistico khmer sembra oggi prevalere. 

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