DialogandoArrivederci…a Filippi

Tutti abbiamo notato in televisione l’estrema freddezza con la quale Letta ha effettuato il simbolico passaggio delle consegne al suo successore. Il Presidente uscente ha consegnato a Renzi la camp...

Tutti abbiamo notato in televisione l’estrema freddezza con la quale Letta ha effettuato il simbolico passaggio delle consegne al suo successore.

Il Presidente uscente ha consegnato a Renzi la campanella, simbolo del potere, senza rivolgere il minimo sguardo al nuovo Presidente. E si è, quindi, allontanato immediatamente, dopo una rapida e gelida stretta di mano, con un telegrafico “arrivederci”.

Un arrivederci che, per il tono e l’atteggiamento, non può non richiamare alla mente la leggendaria espressione “ci rivedremo a Filippi!”, rivolta a Bruto dallo spettro di Giulio Cesare, apparsogli in sogno alcune notti prima della battaglia di Filippi, che, nel 42 A.C., vide contrapposti gli eserciti di Ottaviano ed Antonio a quelli di Cassio e di Bruto.

E come andò a finire è storia nota.

Non è, però, ancora noto come finirà la storia tra Renzi e Letta.

Certo il glaciale arrivederci di Letta, anche alla luce dei convulsi avvenimenti che hanno portato alla sua defenestrazione ad opera di Renzi, autorizza a pensare che costituisca un minaccioso ammonimento, come a dire: “al momento opportuno te la farò pagare!”.

Siamo di fronte ad un conflitto interpersonale che potrebbe trasmodare, alla prima occasione, in aperta sfiducia.

Ciò considerando il fatto che Renzi, nel sostituire così bruscamente Letta, ha finito con l’inimicarsi non solo l’avversario, ma tutta la cordata degli esponenti del mondo politico e della società civile che lo sosteneva.

Certo, Letta avrebbe dovuto tenere, nella circostanza, un comportamento diverso.

Avrebbe dovuto, dimenticando la sua persona ed il torto subito, tener presente che svolgeva un compito simbolico, espressione di un alta funzione istituzionale ancora in via di svolgimento.

Avrebbe dimostrato così al paese che la funzione governativa si colloca al di sopra di ogni valore personale e di ogni rapporto interpersonale.

Ma così non è stato.

Renzi, a sua volta si è mosso, nella circostanza con impaccio.

La campanella gli è rimasta tra le mani come un oggetto privo di significato, se non fastidioso; ha avvertito la fugacità protocollare della stretta di mano; si è rivolto subito a chi stava alla sua sinistra, per nascondere l’imbarazzo del momento, distogliendo lo sguardo da Letta che si allontanava.

Nessuna parola, nessun convenevole fra i due.

Non è un buon viatico per un Presidente del Consiglio che si accinge ad affrontare, alla guida di un Governo composto da forze eterogenee e privo di solida maggioranza, la difficile situazione sociale ed economica nella quale versa il paese.

Ed i consensi espressi in sede parlamentare – all’atto del conferimento della fiducia – solo per asserite ragioni di disciplina di partito o con riserve più o meno esplicite, ne costituiscono il segno tangibile.

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