Vanilla LatteMasterChef, piatto perfetto rovinato da un solo ingrediente: la diretta

Per azzardare un paragone con il football americano e con gli sport a stelle e strisce, si potrebbe affermare che, quest'anno, c'erano tutti i presupposti perché MasterChef realizzasse la "perfect ...

Per azzardare un paragone con il football americano e con gli sport a stelle e strisce, si potrebbe affermare che, quest’anno, c’erano tutti i presupposti perché MasterChef realizzasse la “perfect season”, definizione con cui negli Stati Uniti, terra da cui peraltro proviene il format originale, viene chiamata una stagione sportiva impeccabile, senza sconfitte, fatta di soli successi. E il successo, nel caso della terza stagione del programma in onda su Sky Uno, non è mancato. Anzi, si può tranquillamente affermare che la terza annata di MasterChef, nel suo particolare genere, abbia rasentato la perfezione. Quanto di meglio si possa trovare negli italici palinsesti. Non un semplice talent-show, non un programma di cucina come ce ne sono già mille, in più con quel pizzico di reality (senza esagerare) che raramente guasta, il tutto arricchito dalla componente social: la ricetta giusta per sfondare. Non a caso, quest’anno lo spettacolo è riuscito ad attirare sempre maggiori consensi, sia in termini di critica, che in termini di pubblico; quest’ultimo, particolare da non sottovalutare, trattandosi di una trasmissione in onda su una rete a pagamento. Una gallina dalle uova d’oro, insomma, con migliaia di fan appartenenti a ogni fascia di età, genere, provenienza.

I presupposti per una cavalcata trionfale, dalle prime selezioni fino all’ultima puntata, c’erano tutti. Il carisma e la severità dei tre giudici, gli chef pluristellati Bruno Barbieri e Carlo Cracco assieme al gigante italo-americano della ristorazione Joe Bastianich. Le tante e interessanti personalità dei vari concorrenti in gara, a cominciare dalla super-star Rachida, tra i protagonisti assoluti della stagione, in alcuni casi come e più degli stessi finalisti. Gli ospiti illustri, rappresentanti dell’eccellenza in cucina provenienti da tutto il mondo, tra cui anche il giudice dell’edizione USA Graham Elliot e il fondatore di Eataly Oscar Farinetti. Le location più disparate, dalle piazze di Napoli al circolo del Polo di Milano, passando per il Marocco e per la centrale idroelettrica di Nove. E poi ancora le giacche e le scarpe di Barbieri. La perfidia di Cracco. I piatti lanciati e la lingua italiana reinterpretata da Bastianich. I colpi di scena, i montaggi perfetti, la suspense. Senza dimenticare uno degli assoluti punti di forza – oltre alla cucina, s’intende – di MasterChef, ovvero il momento in cui i giudici, senza pietà, criticano, analizzano e massacrano i piatti degli aspiranti chef, un raro esempio di rigore, inflessibilità e perfezionismo (tra i principali punti di forza anche di altri show, quale per esempio The Apprentice), per la gioia degli spettatori e dei social network. Insomma, una stagione da record. Un piatto con tutti gli ingredienti al posto giusto per essere perfetto. O quasi. Cosa è andato storto?

A rovinare tutto, ci ha pensato il finale. Non la finale, che si è disputata – diversi mesi fa – tra Almo e Federico. Ma il finale, ovvero la proclamazione, quei dieci minuti che, per motivi che restano ignoti (e, per certi versi, incomprensibili), si è deciso di trasmettere in diretta, dai Magazzini Generali di Milano. Nei quali, oltre a evidenti disguidi tecnici relativi all’audio, tutto è andato per il verso sbagliato. Dal ritmo serrato delle puntate registrate in precedenza, si è passati al (non troppo) “bello della diretta”, con inevitabili tempi morti e imprevisti, poco consoni al tipo di programma. Dal format tipico del talent, si è tentato di passare, in maniera un po’ azzardata, a quella del reality stile Grande Fratello, non solo molto differente, ma anche quanto di meno gradito al pubblico amante di MasterChef (come dimostrato dalla pioggia di critiche su Twitter e Facebook). Inoltre, per quanto Barbieri-Cracco-Bastianich siano ormai personaggi televisivi a tutti gli effetti, non si possono comunque considerare “del mestiere”: non sono presentatori tv, e con il live apparivano in evidente difficoltà, nel condurre la serata; al tempo stesso, gli “ospiti”, ovvero i concorrenti precedentemente eliminati, possono risultare interessanti in una veloce intervista post-eliminazione, o prima di un pressure test, ma difficilmente riescono a “reggere”, da soli, il peso di una diretta, seppur breve. Ciliegina sulla torta, a rovinare la già poco emozionante festa, la fuoriuscita anticipata della notizia della vittoria di Federico, lanciata dall’agenzia ANSA qualche minuto prima rispetto all’apertura della busta da parte di Carlo Cracco. Uno spoiler, una notizia “bucata”, che ha fatto immediatamente il giro del web, lasciando molti a bocca asciutta, e comunque rovinando la sorpresa di migliaia di spettatori, anche se per pochi minuti.

Possono, dieci soli minuti, mandare all’aria il lavoro di un’intera stagione quasi perfetta? Probabilmente no, e quasi certamente tutti i delusi dal momento finale si piazzeranno di nuovo davanti al televisore pronti a twittare, tra circa un anno, in occasione dell’avvio della quarta stagione (o magari già a partire dalla prossima settimana, per Junior MasterChef). Ciò nonostante, seppur perdonabile, è difficile che questo passo falso venga dimenticato facilmente: come insegna la storia, si vedano i casi di Bill Clinton e Zinedine Zidane, anche un’intera carriera ricca di successi viene messa in ombra da una grande cantonata. La produzione sembra essersene accorta. Pur evidenziando gli ottimi numeri in materia di share, Andrea Scrosati, vice presidente esecutivo per le produzioni originali di Sky Italia, ha ammesso su Twitter che “il linguaggio della diretta è incompatibile con quello del montato. Lezione imparata”. Tuttavia, proprio MasterChef ci ha abituato in un certo modo, nella ricerca dell’eccellenza e della perfezione. Come ha scritto una volta il critico televisivo Aldo Grasso, “la specialità della casa è la severità: finalmente qualcuno che ha il coraggio di essere rigoroso, esigente, inflessibile”. E gli spettatori, ormai, sono severi quasi quanto i giudici. Qui, come in cucina, c’erano tutti i presupposti per preparare una prelibatezza, ma l’ultimo ingrediente, quello della diretta, ha stravolto completamente il piatto. E qui, come in cucina, una singola distrazione, o un singolo errore, possono essere fatali. Ce lo hanno ricordato, settimana dopo settimana, Carlo Cracco e soci. E il risultato non può che essere quello di ogni finale di puntata. Togliti il grembiule, MasterChef.

Ci vediamo al pressure test (ovvero alla prossima stagione).

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