Quando si muore, si muore. Basta. Si ferma il cuore, il sangue smette di andare su e giù, il cervello chiude i circuiti e… zzzz, fine trasmissione. Solo che ci sono alcuni che sembrano meno mortali di altri. Per qualche giorno – inesplicabilmente – le loro parole continuano a circolare nell’aria. Pare che non siano veramente liberi di scomparire del tutto e che siano costretti a indugiare ancora tra quelli che li hanno conosciuti e amati. Tante braccia li tirano in basso: ok, poi vai, però prima dicci cosa possiamo fare, adesso, senza di te vivo.
Vujadin Boškov è morto il 27 aprile, ma a Genova lo spirito dello “zio Vuja” è come se fosse sospeso. I tifosi blucerchiati non vogliono accettare che uno degli artefici – forse il meno appariscente – del “miracolo” parta per sempre. E’ paura. Paura che a lasciarli sia – insieme all’allenatore – un pezzo di quello scudetto vinto nel 1992 con la leggerezza sfrontata della classe. “Sampdoria è come bella ragazza a cui tutti vogliono dare baci”, aveva detto una volta in uno dei suoi fulminanti aforismi. Lui, quella “bella ragazza” l’ha fatta diventare una regina. E come fai a lasciar andare uno così?
Ora, non per riportare tutto nel proprio caruggio – come si dice a Genova –, ma un ternano che assiste a un fenomeno di amore così grande non può fare a meno di ripensare al 12 febbraio di quest’anno, data della morte di Corrado Viciani. Perché è del tutto evidente che la serie A, ottenuta grazie al famoso “gioco corto”, è stata per la Ternana un piccolo scudetto vinto. Ed è altrettanto pacifico che il “Maestro” sta alle Fere come Boškov sta alla Sampdoria. Stesso amore incondizionato e stessa riconoscenza. Chi ha partecipato ai funerali a Castiglion Fiorentino il 14 febbraio scorso – giorno della festa degli innamorati, verrebbe da chiosare – se ne è accorto: Viciani sembrava voler portare via con sé l’incoscienza che fa sperare nelle cose impossibili. E questo i tifosi non sanno accettarlo, mai.
Erano diversi, ma anche un po’ simili il “Maestro” e lo “zio Vuja”. Diversi fisicamente. Viciani elegante, slanciato, con quello sguardo sottile e dritto; Boškov un po’ più largo e con una faccia quadrata da parata militare balcanica. Però tutti e due carismatici, con il gusto per la battuta, mai banali. In una parola “personaggi”, quelli per intenderci che fanno la gioia dei giornalisti. Su alcune cose la pensavano nello stesso modo. “Lo spogliatoio è una democrazia. Tutti hanno diritto di parlare, poi decido io”. E’ una frase che avrebbe potuto pronunciare tranquillamente Viciani. E invece no, fu la risposta di Boškov all’ennesima provocazione: ma è vero che la formazione la decidono Vialli e Mancini?
I funerali di Boškov si sono celebrati vicino a Novi Sad in Serbia, la sua città, “la città più bella del mondo”, aveva confessato quasi ottantenne al giornalista Beppe Di Corrado. E i tifosi blucerchiati si sono chiesti se con lo “zio Vuja” se ne sia andata per sempre l’incoscienza che fa sperare nelle cose impossibili. Sì, insomma se la Samp potrà vincere ancora uno scudetto “senza Boškov”. Così come i ternani a Castiglion Fiorentino in quel 14 febbraio si sono domandati se la Ternana tornerà mai in serie A.
Quando si muore, si muore e basta, si diceva. Però, in fondo, chi l’ha detto che sia vero?