La vita di un anarchico è la bussola per fare un viaggio attraverso il Novecento, l’Europa e le sue utopie. Ne sono convinti Ivan Bormann e Fabio Toich, i due autori di An Anarchist Life, un documentario sulla vita di Umberto Tommasini, un fabbro anarchico classe 1896.
Il documentario, realizzato con la partecipazione di Pino Cacucci, Ascanio Celestini e Simone Cristicchi, verrà proiettato martedì 3 giugno alle 21 al Teatro Valle Occupato di Roma.
An Anarchist Life
è la storia di una emigrazione a Trieste, territorio austroungarico, e di una famiglia socialista, padre e 4 fratelli, che già a Vivaro ha suscitato gli animi, aprendo la prima biblioteca sociale in una delle due stanze della casa di famiglia. Umberto a Trieste si lancia nelle manifestazioni di piazza, fino a finire arruolato dagli Italiani, e trovarsi a Caporetto. Tra spari in aria sperando di mancare il “nemico”, ai campi di prigionia, attraversa la Grande Guerra, torna a Trieste in tempo per scontrarsi con le prime squadre fasciste in moti di piazza accesi e diretti. E’ tra i primi a finire al Confino, prima a Ustica, e poi a Ponza e Ventotene. Qui incontra antifascisti del calibro di Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga, con i quali si relazione da uguale, a tu per tu, senza timori reverenziali.
La storia di Umberto si fa talvolta epica, nella fuga verso Parigi in esilio, fino alla concretizzazione di un sogno, la rivoluzione libertaria tanto sognata che prende corpo in Spagna, dove il popolo si solleva contro il golpe fascista di Franco.
E’ qui a Barcelona che Umberto trova una seconda casa, tra i volontari anarchici di mezza Europa, accanto alle altre componenti antifasciste: comunisti, socialisti e liberali. Ma presto il sogno unitario si infrange, e l’approccio egemonico dei comunisti ha il sopravvento, fino a schiacciare gli aneliti rivoluzionari degli anarchici e arrivare alla repressione diretta e all’omicidio di Camillo Berneri, nelle vie di Barcellona.
Umberto è costretto a ripiegare, fa il viaggio indietro, Francia, di nuovo esilio, ancora Confino e di nuovo Trieste. Qui, continua a tenere viva la fiaccola dell’anarchia, in tempi difficili per il movimento, oppressi dalla egemonia del Partito Comunista sulle masse e sulle coscienze.
Fino al riaffiorare, nel ’68, di attitudini ed approcci libertari nelle nuove generazioni. Assieme a questi ventenni Umberto fonda la sede del Gruppo Anarchico Germinal, ormai settantenne.
Come spiegano i due autori,
L’idea del documentario nasce dalla riscoperta, da parte nostra, di un vecchio e prezioso libro: “L’anarchico triestino”, curato da Claudio Venza e Clara Germani, ed edito da Antistato. Il libro non è nient’altro che la trascrizione meticolosa e appassionata della vita di Umberto Tommasini, raccontata in prima persona dal protagonista a un gruppo di ragazzi curiosi, in alcune calde serate estive a Vivaro, tra un bicchiere di vino e una battuta, all’inizio degli anni ’70. L’approccio di militanza empatica di Umberto ci ha subito colpito profondamente, e l’idea di tentare di trasporre le nostre sensazioni in un documentario è stata la naturale conseguenza di questa fascinazione immediata. Poco dopo è avvenuto l’incontro con i ragazzi di iG, che hanno accolto il progetto con entusiasmo, e hanno deciso curarne la produzione.