FocusMéditerranéeKOSOVO, esempio di “ricostruzione”(4)/ Gli studenti del Don Bosco di Pristina parlano di futuro

di Silvia Dogliani| Focus Méditerranée   L’8 giugno scorso il Pdk ha vinto le elezioni in Kosovo e il premier Hashim Thaci, ex capo della guerriglia indipendentista Uck, ha raccolto il 30,6% dei vo...

di Silvia Dogliani| Focus Méditerranée

L’8 giugno scorso il Pdk ha vinto le elezioni in Kosovo e il premier Hashim Thaci, ex capo della guerriglia indipendentista Uck, ha raccolto il 30,6% dei voti, ricevendo così il suo terzo mandato di governo. Nell’ex provincia serba a maggioranza albanese anche una grossa fetta della minoranza serba ha scelto di andare a votare per avere propri rappresentanti al parlamento kosovaro.

 Il 18 giugno sono iniziate a Mitrovica le operazioni di rimozione della barricata eretta tre anni fa sul ponte Austerlitz, simbolo della divisione tra la comunità serba e quella albanese presenti nel Paese. Questa è la fotografia ufficiale del Kosovo nel giugno del 2014: un Paese che si sta dirigendo verso la “democrazia” e verso la “normalizzazione”. Ne è consapevole Don Matteo di Fiore, salesiano italiano che da otto anni dirige il Centro Don Bosco di Pristina e punta sui giovani per rafforzare il cammino verso questa “normalizzazione”, che per lui significa soprattutto, attraverso l’educazione, tolleranza e rispetto delle minoranze etniche e delle religioni (a sinistra Don Matteo e di seguito il Don Bosco di Pristina. Ph. Silvia Dogliani).

Al Don Bosco di Pristina studiano 450 ragazzi. Sono forse una nicchia “privilegiata” della gioventù kosovara: vestiti alla moda, ridono, scherzano, si fanno fotografare e hanno voglia di raccontarsi. Come tanti altri loro coetanei, guardano la televisione, leggono i giornali, conoscono bene i problemi quotidiani del Paese, ma hanno comunque sogni e speranze per il loro futuro.

Il 90% sono musulmani di etnia albanese che frequentano il liceo o i corsi professionali. La scuola è dotata, infatti, di numerosi laboratori attrezzati, di una sala computer, aule per lo studio delle lingue straniere, per incontri e conferenze. La retta, ci spiega Don Matteo, è di 100 euro al mese, “ma noi abbiamo un nostro concetto di economia solidale e alcuni allievi, quelli con maggiori difficoltà o senza una famiglia alle spalle,  non pagano”.

In uno spazio di aggregazione e socializzazione come questo ci sorprende, però, sapere, che tra gli studenti non ci siano serbo kosovari. Qui la lingua parlata è l’albanese. “Il 95% degli alunni della scuola superiore prosegue gli studi all’università. Scelgono ingegneria, informatica, comunicazione”, ci dice Don Matteo, mentre visitiamo la struttura e scambiamo due chiacchiere con un gruppo di studenti.

Ci raccontano della scuola e dei loro progetti futuri. C’è chi si lamenta della corruzione e dell’assenza di sicurezza in Kosovo e vuole entrare in polizia, c’è chi ha ancora le idee confuse su ciò che farà da grande e chi, invece, una buona parte, le ha chiarissime: “In questo Paese non c’è lavoro, non c’è futuro. Appena ricevo il mio diploma, voglio andare a lavorare in Italia!”.

Nella prossima puntata la testimonianza di una donna serba di Dresnik.

Guarda le puntate precedenti:
 

La voce delle minoranze Rom

La parola a KFOR

La rabbia di Vesna

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Da ricordare:
8 maggio 1989 Slobodan Milošević diventa il Presidente della Repubblica di Serbia (e dal 1997 della Repubblica Federale di Jugoslavia) e avvia una politica di assimilazione della provincia kosovara, colpendo principalmente i kosovari di etnia albanese con un vero e proprio programma di pulizia etnica.
Prima del giugno 1999: scontri quotidiani tra le forze militari della Repubblica Federale di Jugoslavia e le forze paramilitari dell’Esercito di liberazione de Kosovo (UCK). Crisi umanitaria.
12 giugno 1999: la KFOR entra in Kosovo su mandato delle Nazioni Unite per garantire sicurezza e stabilità
17-19 marzo 2004 pogrom anti-serbo: importanti episodi di violenza da parte di militanti indipendentisti albanesi-kosovari di religione musulmana contro le comunità serbe rimaste in Kosovo. Vengono assassinati serbi ortodossi, bruciati e danneggiati anche monasteri e chiese.
17 febbraio 2008 il Kosovo esce dal protettorato occidentale e si autoproclama indipendente (oltrepassando unilateralmente i confini della vecchia risoluzione 1244 dell’ONU). Il territorio è attualmente amministrato dalle Nazioni Unite. Viene riconosciuto solo da alcuni Stati (in Europa, per esempio, non da Spagna, Grecia, Cipro, Slovacchia e Romania). La Serbia continua a rivendicarlo come parte integrante del proprio territorio. Cina e Russia difendono la posizione della Serbia.

Da sapere:
Etnie presenti oggi in Kosovo
– kosovari-albanesi (circa il 92% della popolazione)
– kosovari-serbi (circa il 5%)
– altre etnie: gorani, rom, bosgnacchi… (circa il 3%).
Missioni internazionali
– ONU con la missione UNMIK (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo): è stata istituita il 10 giugno 1999 con la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza, che ha nello stesso tempo autorizzato l’ingresso di un contingente di sicurezza guidato dalla NATO: la KFOR (Kosovo Force). Ha svolto le funzioni di polizia e giudiziarie fino al 9 dicembre 2008, quando queste competenze sono state assegnate alla Missione dell’Unione europea sullo stato di diritto in Kosovo (Eulex).
– NATO con le truppe KFORCE.
– Unione europea: dal 2008 con la missione EULEX per garantire la promozione e il rispetto della stato di diritto.

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