Arriva l’autunno, cadono le foglie, ma i saputelli – accidenti a loro – no. Anzi, hanno approfittato della pausa estiva per ricaricare le loro pile Duracell che più Duracell non si può e sono tornati alla carica, pieni di entusiasmo e di consigli non richiesti.
Tanti consigli. Troppi consigli.
Consigli in apparenza gentili, ma tutti classificabili sotto la voce “Io al tuo posto farei così (povero imbecille)”. Perché il saputello sa e ci tiene a puntualizzarlo.
Sa come si vive la tua vita, come si crescono i tuoi figli, come si fa il tuo lavoro, come si abbinano i tuoi vestiti; sa come si imbottiscono i panini quando invece tu, poveretto, pensavi che bastasse aprirli in due e ficcarci dentro del prosciutto; sa come si costruiscono i mulini a vento e come si chiarifica il burro; sa che blu e marrone, perfetto cafone.
L’odio dei suoi consimili l’ha fortificato, nessun meteorite è arrivato come manna dal cielo per decretare la sua fine; internet, poi, ne ha acuito alcuni tratti.
Perché se il saputello vis-à-vis è fastidioso, quello da web lo è ancora di più. La rete lo fa sentire potente, l’etere lo carica a mille; può colpire senza essere (fisicamente) colpito e può bacchettare più persone in contemporanea.
Sui social network, ad esempio, sta lì, mimetizzato da amico o da fan, ad aspettare un passo falso qualsiasi per poter fare una puntualizzazione qualsiasi: “Notizia vecchia, dovevi svegliarti prima”, “Bella questa foto, ma io avrei inquadrato il pino dal basso, per renderlo più protagonista”, “Ahahah mai sentito parlare di SEO?”, “Tuo figlio ha ancora il ciuccio? Io ho applicato il metodo Bunfung-abrasi, ti passo le slide?”.
Liscia le penne e gonfia la ruota; ogni saputellata gli fa scorrere brividi di piacere lungo la schiena. Lui è il meglio, tu sei un imbecille.
È un amico, un parente, un conoscente, un collega, ma anche uno sconosciuto. Perché il saputello è generoso e aiuta tutti, senza discriminazioni.
Di solito è tuttologo, perché il suo è uno stile di vita. E anche se ha evidenti lacune, non importa: dove non arriva la conoscenza, arriva la fantasia e quando non arriva la fantasia, il saputello gioca il jolly e si trasforma in bastian contrario, tanto l’importante è rompere i cocò.
Fastidioso, odioso, insopportabile quasi al pari di una zanzara che ti ronza intorno di notte mentre cerchi di dormire, il saputello è la gramigna della specie umana. Infesta, spunta (e sputa) quando meno te lo aspetti e non molla mai.
Allora molli tu, gli dai ragione per zittirlo, ma lui non si ferma e a te non resta che tirargli una testata.
“Io avrei colpito al centro della fronte, non sopra l’occhio” lo senti dire mentre crolla a terra, ma tu gli volti la schiena e cominci a camminare. Il suo fiume di parole diventa un rigagnolo, la sua voce si fa sempre più ovattata, finché non la senti più.
Sei libero.
Libero di fare il tuo – e sottolineo tuo – lavoro come meglio credi, libero di far saltare la carbonara in padella, libero di mettere un vestito nero senza una collana di turchesi, libero di avere figli, di non averli, di crescerli come vuoi, libero anche di sbagliare.
Libero dal saputello.
Continui a camminare allontandoti da lui, ma, in un rigurgito di coscienza, gli rivolgi un’ultima occhiata. In fondo gli hai dato una testata e potrebbe essersi fatto male. Capisci che sta impartendo istruzioni al medico su come bendare la testa offesa e tiri un sospiro di sollievo: perché sta bene e, soprattutto, perché tu sarai anche nato impreciso e approssimativo, ma – grazie al cielo – non sei nato rompicoglioni.