(L’articolo è stato pubblicato in precedenza sul portale Rassegna Est*) Il parlamento bosniaco ha approvato lunedì, all’unanimità, una dichiarazione di fedeltà al cammino europeo, impegnandosi a procedere sulla strada delle riforme necessarie. Il documento è stato votato alla presenza Federica Mogherini, l’Alto rappresentante europeo per la politica estera.
Secondo le parole usate durante la conferenza stampa da Mogherini, “i cittadini della Bosnia Erzegovina chiedono un futuro europeo per il proprio paese” ed è quindi “necessario cominciare a lavorare a questo fine immediatamente”. “Questo significherà procedere sulla strada delle riforme economiche e sociali, nell’ambito del Compact per la crescita e il lavoro. Vorrà dire mettere in atto misure per costruire un’economia di mercato funzionale e approvare delle leggi per rinforzare lo stato di diritto e rinforzare il processo di riconciliazione, così come le capacità amministrative e l’efficienza delle istituzioni a tutti i livelli”.
Mogherini ha anche affermato, in un’intervista concessa al quotidiano Dnevni Avaz, “che l’UE chiede vere riforme” e non si accontenterà “delle parole”. Già nel Consiglio dei ministri degli affari esteri dell’Unione, previsto per marzo, Mogherini ha promesso di presentare una raccomandazione “affinché venga votata l’entrata in vigore degli Accordi di associazione e di stabilizzazione”, primo passo per l’integrazione europea di Sarajevo.
Il tempismo della visita di Mogherini (la seconda in meno di un anno) non poteva essere migliore. Le assemblee legislative di tutti i livelli istituzionali della Bosnia Erzegovina sono state appena formate dopo le elezioni generali dell’ottobre 2014. Per quanto riguarda i governi, la Republika Srpska ha già il suo, mentre per la Federacija Bosne i Hercegovine e per il livello nazionale bisognerà ancora attendere verosimilmente almeno qualche settimana. Bruxelles ha deciso quindi di pretendere fin da subito una chiara dimostrazione di buona volontà da quelli che saranno i prossimi rappresentanti della Bosnia Erzegovina, “un regalo per i nostri politici”, secondo i responsabili dei Centri di Iniziativa Civile, “proprio all’inizio del loro mandato”.
La tempistica di Bruxelles è determinata anche dalla necessità di far ripartire l’integrazione europea in un paese nel quale da anni ormai non si registrano miglioramenti politici, e di farlo rimediando alla mala figura incassata con la questione Sejdić-Finci, quando i rappresentanti dell’UE avevano invano tentato per anni di costringere l’establishment bosniaco a cambiare la costituzione, in modo da porre fine alla discriminazione politica di chi non si riconosce nei tre popoli costitutivi (serbi, bosgnacchi e croati). Un “nuovo corso” sintetizzato nell’iniziativa anglo-tedesca lanciata a inizio novembre. Nella sostanza : congelare per il momento i dossier ritenuti “politicamente sensibili” per dare la precedenza ai “veri interessi del paese”, ovvero le riforme politiche e sociali.
Resta da vedere se la dichiarazione di lunedì scorso avrà un qualche effetto davvero concreto sulla politica bosniaca. Una dichiarazione è, in effetti, soltanto una dichiarazione. Non sorprende nemmeno che essa sia stata adottata all’unanimità, visto che a parole tutti i leader bosniaci (incluso il presidente della RS, Milorad Dodik, che pure vorrebbe vantare ottime relazioni con Vladimir Putin) sostengono il processo di integrazione europea.
Occorrerà vedere se nei prossimi mesi alle parole seguiranno fatti concreti. Oggettivamente il compito non sarà semplice, visto che in Bosnia Erzegovina anche questioni apparentemente neutrali come le riforme dell’economia e della pubblica amministrazione sono molto delicate e spesso restano ostaggio dalla politica. Un esempio per tutti, quello dell’esportazione del latte e dei prodotti caseari. La gran parte della produzione bosniaca rispetta i criteri europei e potrebbe essere venduta nel territorio dell’UE. Ciononostante, da quando la Croazia è entrata a far parte dell’Unione molti contadini e produttori bosniaci hanno perso un importante mercato di sbocco per i propri prodotti, nonostante la bontà degli stessi. Il motivo? Bruxelles pretende che l’ente certificatore per i controlli veterinari sia uno solo, costituito a livello nazionale. Ma Banja Luka e Sarajevo non riescono a trovare un accordo per costituirlo. Nel frattempo, continuano a esisterne due: uno per ogni entità.
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