Ecco perché Renzi ha nominato un cda Rai di pensionati

Aggiornamento: la Rai non è inserita nell’elenco Istat delle istituzioni rientranti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. E quindi non rientra nella normativa che prevede ...

Aggiornamento: la Rai non è inserita nell’elenco Istat delle istituzioni rientranti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. E quindi non rientra nella normativa che prevede che un lavoratore in pensione non possa assumervi incarichi, se non per un solo anno e a titolo gratuito. Sembra incredibile, visto che è un’ente al 99,56% di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma tant’è. Guelfi e Freccero, nonostante siano pensionati, possono quindi sedere senza alcun problema nel cda di Viale Mazzini. Caso chiuso, a quanto pare.

Cda Rai a tempo determinato e retribuzione zero. Sembra un segno dei tempi della precarietà sul posto di lavoro, e francamente non si capisce cosa abbia ispirato alcune delle nomine all’interno del consiglio di amministrazione del servizio pubblico radiotelevisivo.

Partiamo dal principio: secondo la legge, per altro impacchettata nel 2014 (quindi dallo stesso governo Renzi) proprio per “consentire alle   amministrazioni di avvalersi temporaneamente, senza rinunciare agli obiettivi di ricambio e ringiovanimento ai vertici” un lavoratore in pensione non può assumere incarichi nelle società controllate dallo Stato. O meglio, può assumere l’incarico per un anno e a titolo gratuito, dopodichè l’incarico decade.

Per almeno due nominati nel cda Rai c’è un problema di questo genere: Carlo Freccero e Guelfo Guelfi risultano infatti pensionati. Secondo L’Unità anche Giancarlo Mazzuca e Arturo Diaconale sarebbero a rischio, il che vorrebbe dire che quattro consigliere su sette del nuovo cda di viale Mazzini sono lì a tempo determinato.

Non si capisce come si possa gestire il servizio pubblico con orizzonti temporali di questo tipo proprio nel periodo in cui si discute di riforme e interventi consistenti. E nemmeno come mai a fare queste scelte sia al governo un premier che aveva promesso di aprire le porte del potere alle generazioni più giovani. A meno che, ovviamente, non se ne siano nemmeno accorti.

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