“Vieni Eraclito, guarda qui dentro insieme a me!” Eraclito si avvicinò alla tinozza e vide la sua immagine e quella di Pessoa riflesse nell’acqua.
“Non esiste uno specchio che riesca a farci vedere la nostra immagine così come la vedono gli altri, mia cara…” fece Pessoa.
“Il tuo mantello di tanti colori è quello che si nota subito,” intervenne Arendt. “Però,” proseguì “tu non riuscirai mai a vederti come ti vedo io, o come ti vede De Beauvoir, o qualcun’altra. Hai bisogno anche di noi per conoscerti. È un po’ come se fossimo tutte sopra a un palcoscenico, e ognuna di noi recitasse nello stesso tempo la parte dell’attore e dello spettatore”.
Ci sono pecore che pascolano pigre e impassibili nel loro gregge, ce ne sono altre che invece preferiscono essere filosofe e pensare fuori da quel gregge. Sono pecore uniche, in grado di ragionare con la propria testa e di esprimere senza alcun timore le loro idee. Sanno bene di poter essere classificate come le tanto famigerate pecore nere, ma è un rischio che vogliono correre perché solo in quel modo possono affermare la propria libertà e indipendenza.
Con questo spirito, fiero e autentico, con l’audacia di chi intende scardinare pregiudizi e affermare nuove identità nasce il libro “Le Pecore filosofe” di Maria Luisa Petruccelli e Irene Merlini pubblicato da Edizioni Esperidi e impreziosito dalle illustrazioni di Silvia Settepanella. Fare filosofia con i bambini è una delle più recenti intuizioni da parte di esperti, scrittori e filosofi che ribadiscono come il pensiero stesso dei fanciulli sia alla base della filosofia, quella scienza apparentemente astrusa che molti si limitano a relegare all’universo degli intellettuali è in realtà viva e attiva nel pensiero fanciullesco. Spetta all’adulto incoraggiarlo ed è per questo che consigliamo una lettura vivace, divertente e riflessiva come “Le Pecore filosofe”, frutto di un accurato e approfondito lavoro sull’identità, sul pensiero inteso come esercizio per stimolare il senso critico e sviluppare le capacità logiche.
Le autrici hanno messo in atto una sorta di provocazione filosofica interpellando un animale che per antonomasia rappresenta l’omologazione, l’incapacità di ribellarsi agli stereotipi preferendo la noiosa “normalità”.
Il volume nato in seguito ad un progetto che prevedeva la realizzazione di buffi pupazzi di lana e stoffa ai quali è stato assegnato a ciascuno di essi il nome di un filosofo si propone di recuperare la capacità di avviare un pensiero filosofico nella quotidianità mettendo in atto un processo democratico ed equilibrato di affermazione di noi stessi, delle singolari diversità, emergendo al di fuori di ruoli precostituiti pur rimanendo sempre aperti al confronto. Grazie a letture come queste è possibile gioire della meraviglia e stupore della vita imparando a guardare le cose intorno a noi come fosse la prima volta ricordandoci che filosofare vuol dire principalmente emozionarsi.