Ieri mattina, sulle pagine di questo giornale, Simonetta Sciandivasci bacchettava – a ragion veduta – le luci della ribalta che, per pochi minuti di celebrità, offrono ai c.d. genitori tutorial – quelli che (non) educano i propri figli per educare tutto il mondo – l’opportunità di sentenziare attraverso lettere alle maestre, giustificare compiti non fatti, diffondere presunte buone pratiche di comportamento e – contestualmente a tutto questo – diventare protagonisti della viralità al tempo dei social, delle testate giornalistiche che informano senza informazioni e turpiloqui da bar. Ancora una volta, come sottolineava la Sciandivasci, i veri protagonisti non sono i bambini, ma i genitori.
L’articolo – che potete trovare qui – mi ha trovato pienamente concorde. Ha messo un punto, una elegante chiusura ad una gestione della sfera genitoriale ed educativa che non aiuta e pratica continue ingenerenze nella sfera scolastica dei minori. Non solo: abbiamo finalmente decratato il silenzio imposto all’inutile e continua deresponsabilizzazione dei nostri figli agli impegni che, volenti o nolenti, la vita ci impone. Viva Dio.
Se da un lato, la possibilità di scambiare velocemente informazioni ed il relativo cattivo utilizzo, offre il fianco a masse che si sono trasformate in folla anonima, emotiva, che rende ancora più solo l’individuo accelerando lo sfaldamento del tessuto sociale, al contempo vi è un esercito silente di genitori che accompagnano, con educazione, rispetto, umiltà e forza morale, i bambini affetti da DSA – disturbi specifici dell’apprendimento – in un percorso scolastico non certo manchevole di ostacoli, barriere insormontabili, opposizione dei docenti e delle istituzioni.
I disturbi nell’apprendimento interessano alcune abilità specifiche comportando un non canonico percorso scolastico in quanto interessano nella maggior parte dei casi le attività di lettura, scrittura e calcolo. Non parliamo di disabilità o difficoltà particolari, ma possono rendere loro difficile la vita a scuola, se non vengono aiutati nella maniera corretta.
La Legge 170/10 riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia e tutela il diritto allo studio puntando su nuove metodologie didattiche (sintesi vocale, registratore, programmi di video-scrittura e con correttore ortografico, calcolatrice) e a misure dispensative, per permettere loro di sostituire alcuni tipi di prove valitative con altre equipollenti più adatte. Ma se la legge riconosce e normativizza un realtà – che non è teoricamente un problema – spesso, però, molti ragazzi vengono considerati aprioristicamente svogliati e le valutazioni più frequenti, paliativo ideale di ogni docente, si riconferma “è intelligente ma non si applica”.
Parlare, dunque, di calvario scolastico non è un’iperbolica accezione delle difficoltà delle famiglie e ragazzi. Per ogni famiglia che riconosce il problema e lo vuole affrontare senza un inutile crucciarsi, troviamo altrettante famiglie che provano reale vergogna ed evitano non solo di parlarne ma di prenderne atto. Stesso discorso è valevole per i docenti: per un capace insegnante che decide di affrontare con attenzione un nuovo percorso scolastico ed essere d’ausilio prima al ragazzo e poi alle famiglie, vi sono insegnanti che temono i rischi di un’iper-diagnosi e decidono di continuare come hanno sempre fatto.
E quando la scuola, pur sapendo, decide di reiterare nel far finta di nulla? Anche la famiglia più collaborativa, formata ed informata, non riesce a liberarsi del senso di colpa, della paura e del timore e allora non è più possibile risolvere la problematica, la relazione, il risultato. Un Golgota senza fine, senza possibilità di redenzione.
Nonostate tutto questo, però, ci sono eserciti silenti di genitori che sacrificano – questo fanno i genitori responsabili ed adulti moralmente nonché eticamente – il loro lavoro, il quotidiano, i rapporti amicali affinché si riconosca il diritto all’istruzione non certo attraverso scorciatoie ma utilizzando “strade leggermente meno sterrate”.
Genitori che non hanno il tempo di scrivere, per mezzo social, agli insegnanti. Genitori che si trovano a dover mediare con le isistuzioni scolastiche, le famiglie di chi non è affetto da DSA, con pazienza formare e informare altri bambini. Tutto ciò mentre si cerca di aiutare un/una ragazzo/ragazza a non escludersi dal resto, a non sottostimarsi, a non sentirsi inferiore, ad affrontare con maggiore forza il diventare adulti in un mondo di stronzi virali.
Un elogio dunque a tutti gli adulti che, senza cercare notorietà, si impegano a far sì che i bambini siano liberi di essere bambini, che imparino e crescano con i propri tempi ed ognuno secondo le proprie inclinazioni caratteristiche. Non macchine superveloci costruite in serie, efficienti ad ogni costo o da rottamare.