Cos’è un’opinione? Una credenza che non assicura alcuna garanzia di verità accertata. Si dirà, appunto, “è una mia opinione” o più genericamente “opinione comune”. Lo penso, lo pesano. Che poi sì fatta idea prenda realmente forma nel recinto della verità è tutto da dimostrare. La condivisione non è obiettività ed autenticità.
Io ne esprimo di quotidiane ed altri come me. La nobiltà della stessa risiede nel ragionamento che diviene terreno ideale al pensiero ed alla sua costruzione. Resta ad una sfera personale e quando diventa di dominio pubblico si scontra con altre, diverse o similari, opinioni.
Fulvio Abbate, non meglio precisato marchese ma certamente fine intellettuale italiano, oggi si accanisce contro Andrea Camilleri. Il motivo? La costruzione, da parte di Camilleri, di una Sicilia non vera. Personaggi sciatti dove i problemi del reale – si pensi alla mafia – diventato suppellettile periferico. Dove il sole bacia i belli e son tutti buoni. Addirittura il dialetto stesso, utilizzato per bocca dei personaggi, è mera invenzione. Opinione sacrosanta di Abbate.
Vero è che Andrea Camilleri non ha scritto, e non scrive, solo delle gesta di Montalbano. Ha scritto anche altro – da “La presa di Macallè” a “Il corso delle Cose”; da “La Targa” a “La tripla vita di Michele Sparacino”. Egli stesso, in più occasioni, ha lamentato come il famoso commissario abbia oscurato altri suoi lavori, molto più sentiti e voluti.
Con Montalbano, però, ha costruito un paese con i suoi personaggi, una storia pregressa, una provincia. Uno sguardo critico e profondo della provincia italiana penetrando nel quotidiano del paese. I drammi, interni alla famiglia e spesso negati da noi tutti, sono stati accarezzati e silenziosamente denunciati mantenendo un altissimo senso del pudore ancor prima che diventasse merce di scambio per una tv che rincalza, sempre, sulla realtà. Vigata, la sua gente e le sue storie, è stato ed è un rifugio. Un altro quotidiano dove vi è sempre, o quasi sempre, il lieto fine. Tempi, riti e liturgie pre-costruite, forse, ma che piacciono a chi legge. Sta bene così.
Infine, di un rigurgito d’invidia più che di analisi del testo o della profondità dei testi, il marchese Fulvio Abbate paragona Camilleri ad uno “Sciascia decaffeinato”. Non starò qui a disquisire su quanto Sciascia fosse altro da Camilleri e quest’ultimo non abbia mai avuto la volontà o la superbia di essere altro da se stesso. Che forse l’amicizia tra i due e le origini comuni possano essere la discriminante tra due persone? Credo di no.
Il marchese è spesso abissale con le sue idee e arriva dove altri non arrivano. Lo apprezzo e lo leggo con piacere. Questa volta però dissento dalla sua opinione giacché, come ho detto, ognuno ha le sue.