Un Ulivo di centro-destra, possibilmente col trattino (dove il trattino è Silvio Berlusconi). La linea tracciata ieri sera da Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, intervistato dal tg3 appare chiara. A precisa domanda sulla legge elettorale risponde: collegi uninominali e premio di coalizione. Un sistema di scelta della rappresentanza che privilegia le alleanze e che è un ritorno al passato prossimo, quando il Cavaliere rappresentava l’anello di congiunzione tra pulsioni centrifughe della Lega e l’eredità missina di Alleanza nazionale.
La stagione dell’Ulivo, appunto. Una stagione – al netto degli schieramenti – nata dalle fuoriuscita traumatica dalla Prima Repubblica e dall’impostazione sostanzialmente maggioritaria scaturita dai referendun Segni. Una stagione che consegnò il paese nelle mani di Berlusconi nel 2001 e che – specularmente – vide vincere Romano Prodi, con affollate foto di gruppo dal palco, sia di destra (Casini-Fini-Berlusconi, Bossi eccetera) che di sinistra (D’Alema, Prodi, Parisi, Bertinotti, Pecoraro Scanio, eccetera).
Il panorama ora è piuttosto cambiato. A sinistra – soprattutto dopo lo smottamento di Speranza e Rossi (“macché scissione, hanno fondato un circolo culturale”, commenta sarcastico oggi Emanuele Macaluso) – sembra difficilmente ricomponibile un quadro di alleanze che – tra l’altro – con una legge proporzionale appaiono pure inutili. A destra il vento populista impersonato dalla Lega di Salvini rende problematica una composizione pre-elettorale
L’agibilità politica di Berlusconi però passa tutta da quel trattino che dovrebbe cercare la quadra tra “rivoluzione liberale” (do you remember?) e trumpismo in salsa italiana. “Forza Italia è una forza di governo – dichiara oggi Stefano Parisi a l’Avvenire – non può essere ostaggio della Lega”. Anche se bisogna saper scegliere i tempi. La stagione dell’Ulivo ci consegnò, sia a destra che a sinistra, coalizioni che sapevano vincere, ma che si decomponevano successivamente, tenendo – ecco il punto – in ostaggio il governo che avevano concorso a formare.
Si tratta di capire se sia preferibile il modernariato della stagione del Mattarellum o una riproposizione tout court alla Prima Repubblica. Se tornare ai palchi affollati che dopo qualche mese si svuotano o ai palchetti di tanti solisti che faticano a cantare la stessa melodia. Se far rivivere la stagione delle bighe trainate da un pool di cavalli diversi o optare per una corsa dove ognuno gareggia per sé, salvo poi cercare un accordo su biada e carote una volta tornati nella stalla.
Strategicamente e tatticamente a Berlusconi converrebbe la prima opzione. A Renzi – oggi – forse no.