Baglio, non me ne volere (♥️), ma ho intenzione qui di spoilerare un bel po’ del tuo spettacolo “I Racconti del Bar Sport“, che ho avuto il piacere di godermi in una primaverile domenica di ora legale.
Parto infatti dalla fine, in cui (dando magistralmente e toscanacciamente voce alle parole del grande Stefano Benni) fai salutare al pubblico quel Bar Sport, cuore pulsante di un qualsiasi paesino dell’italianità, che con la sua demolizione lascia il posto ad una compagnia di Real Estate, determinata a realizzare altro al suo posto, perché oggi comanda il business plan. Figurati, un manipolo di strani avventori non giustificano certo la prosecuzione di un tale locale, neanche per il suo strampalato proprietario… Quell’insegna che si piega di lato, a significare il declino di un microcosmo umano, racconta in modo allegorico cosa succede quando ad un luogo si toglie la possibilità dell’incontro…
Quindi, vi prego, non demolite il Bar Sport. Anzi, è proprio impossibile demolirlo: lo stesso Benni fa presagire che già si prepareranno nuovi legami, nuovi incontri, nuovi luoghi, nell’occhiata innamorata che si lanciano i due giovani protagonisti… perché non c’è città senza il “suo” BarSport, non c’è abitare senza una vera agorà, non serve a niente costruire se non si può incontrare, parlare, litigare, e soprattutto ridere e ironizzare.
Sì, perché è proprio attraverso l’ironia che, prima Benni nel suo libro e oggi Baglioni con il suo caleidoscopico spettacolo, ci fanno sentire l’unicità del nostro essere italiani: chi non è un po’ “tecnico da bar”, alla ricerca continua della discussione perché la sa sempre più lunga degli altri… oppure chi non si riconosce nel mesto avventore che, non trovando la visibilità in televisione, si fa prendere dalla tristezza di sentirsi “fuori posto” fino a pensare di togliersi di mezzo?
Di cosa parla un tecnico? Di calcio, di sport in genere, di politica, di morale, di macchine, di agricoltura, di prezzi della frutta, di diabete, di sesso, di trattori, di cinema, di imbottigliamento, di spionaggio. In una parola, di tutto. Quale che sia l’argomento trattato, il tecnico lo conosce almeno dieci volte meglio dell’occasionale interlocutore, anzi, dirà, è una delle cose che lo ha interessato di più fin da piccolo. Il vero tecnico suffraga spesso la sua competenza con parentele. Esempio: se si parla di comunismo, lui ha un cognato che lavora a Togliattigrad; se si parla di pesca subacquea, ha un fratello fidanzato da sei anni con una cernia, se si parla di edilizia, ha un cugino manovale, e così via. Inoltre, è stato compagno di scuola di tutti i ministri dell’arco costituzionale, che spesso gli telefonano per sfoghi e confidenze
Fate mixare tutto questo da un eclettico e intelligente artista toscano, osservatore acuto delle moderne “caricature umane da telefonino”… e la risata è assicurata: il Bar Sport diventa infatti il “Facebook Bar”, dove si possono ritrovare altrettanti strani personaggi, il mercato di paese diventa “Alla fiera del web“, magistrale parodia in chiave moderna del Branduardiano capolavoro, dove i “due soldi” diventano “due like”, e il sorriso che strappa ci toglie un po’ dell’amarezza con cui verrebbe da dirsi “ma come siamo ridotti!”
O tempora, o mores.
Anche se da tutto lo spettacolo, a mio giudizio caro Baglio, emergono alcuni punti fondamentali:
Primo: finché potrai fare le caricature del DDT (deficiente da telefonino) vorrà dire che l’umanità non sarà ancora lobotomizzata del tutto. Perché finché c’è “perculazio” c’è speranza di miglioramento.
Secondo: Ciascun confusamente un suo “Bar Sport” attende, nel qual si queti l’animo… (semicit.). In realtà sono fortemente convinta che finché ci saranno luoghi che ci consentiranno di incontrarsi e mandarsi a quel paese, ci sarà sempre possibilità di ripresa e rinascita.
Terzo: We, the italians. Cito direttamente dalla tua canzoncina. “… e c’è una cosa che gl’è chiara com’issole: che si sia alti, bassi, grassi, belli o buoni… siam tutti fatti per rompere i c****oni!”
PS.
Il post scriptum è del tutto personale tra me e te (seppur pubblico). Oggi ho visto un artista bravissimo, e con un grande cuore, stare sul palco con la disinvoltura di chi ama profondamente ciò che fa e con l’intelligenza di chi “sa far di conto” nella vita (se non conti te, che sei un matematico…) Quando in sala avete suonato il ritornello de “La Lallera” durante le “Ragazze di Firenze” e quando hai ricordato Riccardo Marasco abbiamo tirato fuori i fazzoletti. E ci stava bene, senza forzature o frasi fatte. Che la fiorentinità e la sagacia del “maledetto toscano” ti facciano volare altissimo. Questo il mio augurio più grande.